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Pubblicato il 31 Marzo 2016 | di Agenzia Sir

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I primi ottantanni del nostro grande poeta Giovanni Occhipinti

E per questo fausto evento gli sono giunti le felicitazioni degli amici del Centro Servizi Culturali e del Centro Studi Feliciano Rossitto e l’augurio che possa proseguire l’opera creativa di poeta, scrittore e di critico letterario con la quale onori la nostra terra. Naturalmente a questi aggiungiamo i nostri, mio personale e della Redazione di Insieme.
2Cogliendo l’occasione della ricorrenza del suo compleanno Nino Cirnigliaro e Giorgio Chessari rispettivamente presidenti del Centro Servizi Culturali e del Centro Studi Feliciano Rossitto gli hanno comunicato che è stato consegnato alla tipografia il testo per la stampa degli Atti del Convegno su “Letteratura e Vita, Omaggio a Giovanni Occhipinti”, che viene pubblicato dalle su citate due istituzioni culturali.
Un accenno alla figura del grande letterato onore a vanto della nostra terra: Giovanni Occhipinti, poeta, scrittore, saggista e critico letterario è considerato dalla critica fra le voci più significative del secondo Novecento. Nato a Santa Croce Camerina, vive a Ragusa dove ha insegnato per oltre trent’anni, anche da docente di scrittura creativa. Presente in numerosi saggi e antologie italiane e straniere, ha vinto premi letterari di prestigio. Alle opere di narrativa, poesia, saggistica letteraria si aggiunge l’intensa collaborazione con quotidiani e riviste letterarie italiane ed estere. Ha fondato e diretto, insieme a Giorgio Bàrberi Squarotti, le riviste “Cronorama” e “Trasmigrazioni” (quest’ultima edita dal Centrio Studi “Feliciano Rossitto”).
1Oggi ci piace soffermarci a parlare ( ma non è un compito facile ) del suo libro “Incontrare il
tempo”….”un libro a struttura polivalente con episodi narrativo-memoriali a carattere saggistico e filosofico-letterario” come egli stesso lo definisce, ”un’autobiografia in certo senso trasversale, ma anche luogo di rivisitazione del Tempo e di sé attraverso l’esercizio del ricordo…Quasi una confessione sul filo della memoria e un recupero di
personaggi, di immagini e di affetti: la restituzione o forse la riappropriazione nostalgica di un pezzo di vita”.
L’autore rivive il “suo” tempo ricordando personaggi, tanti, tanti personaggi della levatura, ad esempio, di Jean Guitton, Fortunato Pasqualino, Karol Woityla, Gesualdo Bufalino, Giorgio Bàrberi Squarotti ( il suo maestro ), Salvatore Fiume,
Leonardo Sciascia, Piero Guccione, Giuseppe Zagarrio, padre Pio da Pietrelcina. E tra i su citati personaggi evidenziamo quest’ultimo: la fetta di libro dove sono narrati gli episodi vissuti dall’autore incontrando il frate con le Stimmate è forse a nostro avviso la più suggestiva anche perché racchiude mezzo secolo di vita “personale” vissuta dallo scrittore che qui si racconta incurante della moderna “privacy”.
4“Mi avevano parlato di Padre Pio”, così l’inizio del racconto, ed i ricordi si tuffano in quel lontano 1963 quando a bordo della mitica “Cinquecento” sbarca in quel paese contadino (San Giovanni Rotondo) , lo incuriosiva il cappuccino padre Pio, voleva sapere capire conoscere. Con lui anche il figlio che “per un guasto all’orecchio interno, era sordo, era nato asfittico e questo lo aveva segnato per sempre” ( e segnerà per sempre anche tutta l’esistenza dello scrittore ). Il suo pensiero era come si sarebbe dovuto comportare con il frate, come avrebbe potuto e dovuto “svuotargli” la sua vita “diversa” per la diversità del figlio. La sua salute non era al top, tutt’altro ( “le coliche continuavano a non darmi pace” scrive ), assiste alla celebrazione della Messa presieduta dal Frate, rimane sconvolto, poi l’incontro, gli si inginocchia davanti,..”Padre, ho…” esordisce…”Ho fatto…”, era bloccato tanto da scatenare l’impazienza del Frate che quasi gli grida “Vagliù, mo ti caccio” : lui rimane prima impietrito poi
“parlai e parlai e parlai”.
5Le sue ripetute coliche lo portano così al ricovero alla “Casa Sollievo della Sofferenza”, di quel luogo lo colpiscono il silenzio, il rispetto, l’igiene, gli ampi spazi, l’amorevolezza: incontra Padre Pio il giorno appresso nascondendosi nella sacrestia “dissi d’un fiato di mio figlio, ne ebbi una risposta laconica…”A me sta pregare e a te sta sperare”, disse proprio così”. Solo dopo molto tempo Occhipinti comprenderà che quelle parole erano state rivelatrici di una grande verità anche se dura: “chiunque può pregare, ma sperare è cosa oltremodo difficile, per i più”. Lo scrittore tornerà altre volte a San Giovanni Rotondo e nel libro descrive le sue emozioni, gli stati d’animo, gli accadimenti sempre diversi, in quell’ospedale verrà operato, poi quasi scacciato: ”le medicazioni potrà farsele fare a Ragusa” gli avevano detto “Chirurgicamente l’intervento è più che riuscito”. Quasi straziante il seguito della storia, Occhipinti scrive: “Mi avevano tenuto all’oscuro di tutto! Mio figlio, in coma per un incidente d’auto, sarebbe morto dopo trenta giorni di strazio. Mio figlio! Massimo sul letto di morte ,… e non io. Non io che c’ero stato vicino, per il mio cancro ! Bestemmiare? Imbestialirmi? Profanare il nome di Dio? Sentii che invece dovevo rivolgermi a Lui. L’ho fatto esistere per me, perché io potessi esistere!”.
E’ solo un pezzo di vita di Giovanni Occhipinti, per noi forse la più significativa, il resto è nelle 332 pagine del suo avvincente libro , ed in ogni pagina c’è una storia di vita vissuta, tante le sorprese, gli aneddoti, le testimonianze, le riflessioni, ogni rigo si scolpira’ nella mente e nell’anima del lettore.

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