Pubblicato il 16 Giugno 2017 | di Vito Piruzza
0Lo Stato di diritto unica garanzia di tutti i cittadini
Riflessioni sul dibattito innescatosi in merito alla sentenza della Cassazione riguardo la detenzione di Totò Riina.
La recente sentenza della prima sezione penale della Corte di Cassazione sul problema dello stato di salute di Totò Riina e la compatibilità di questo con la detenzione carceraria ha scatenato un ampio dibattito in tutto il Paese in cui i toni si sono spesso alzati e le indignazioni sono andate spesso sopra le righe complice, a mio avviso una eccessiva semplificazione dell’informazione.
Vorrei intanto partire da una premessa: il ruolo della Corte di Cassazione non è quello di giudicare “sui fatti”, ma di esprimersi “sugli atti” (in linguaggio giuridico si dice che non è giudice “di merito”, ma giudice “di legittimità”) per capirci, non giudica se un reato è stato commesso e da chi, ma solo se la legge è stata applicata correttamente rivestendo il delicato ruolo di rendere uniforme l’applicazione delle leggi.
Premesso che approcciare in modo “emotivo” una sentenza è sempre improprio e porta spesso a una valutazione inadeguata, questo è ancora più vero e incontestabile per una sentenza della Cassazione che è chiamata a giudicare “in ultima istanza” su questioni di ordine squisitamente tecnico.
Ora passiamo alla sentenza di cui parliamo che consta di 8 facciate in tutto e che può essere letta facilmente: qual è l’argomento del contendere?
I difensori di Riina a causa dello stato di salute del loro assistito, avevano chiesto la sospensione della pena o almeno la trasformazione in detenzione domiciliare, il Tribunale di Sorveglianza di Bologna ha rigettato la richiesta; i difensori ritenendo che quella decisione fosse motivata in modo «illogico e contraddittorio» hanno fatto ricorso in Cassazione.
Ebbene, la Cassazione solo su questo ha deciso!
Ha ritenuto che la motivazione «è carente e in alcuni casi contraddittoria» e spiega che la contraddittorietà sta nel fatto che pur ritenendo molto gravi le condizioni di salute del condannato queste non siano incompatibili con il regime detentivo, atteso che in più occasioni la Cassazione ha deciso che la detenzione di persona gravemente malate, o interessata da grave scadimento fisico determina «un’esistenza al di sotto della soglia di dignità» in violazione sia dell’articoli 27 comma terzo della Costituzione, sia dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Ma si badi bene, la Cassazione non disconosce come valida la motivazione della pericolosità sociale del detenuto ai fini del rigetto della richiesta di detenzione domiciliare, ma, correttamente, asserisce che la pericolosità del soggetto non può essere dimostrata (come ha fatto il Tribunale di Sorveglianza di Bologna) sulla scorta di fatti risalenti al 2013 o al 2015, e definisce la motivazione “carente” perché deve dimostrare la pericolosità “attuale” di una persona ultraottantenne, affetta da duplice neoplasia renale, allettato da una grave compromissione neurologica che gli impedisce perfino di mettersi seduto e con una grave cardiopatia.
Inoltre la sentenza della Corte di Cassazione non “ribalta” la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, ma si limita ad annullare il provvedimento chiedendo a quello stesso Tribunale una nuova pronuncia con una motivazione più solida.
Alla luce di quanto sopra esposto in tutta franchezza non vedo nessun motivo di indignazione, nessuna pietra dello scandalo, pur avendo la massima comprensione umana per il coinvolgimento emotivo di coloro che portano sulla propria pelle le ferite inferte dalla crudeltà di un criminale spietato, la verità è che lo Stato non ha sentimenti e non pratica vendette, lo Stato fa giustizia ed applica la legge che deve essere uguale per tutti, e non può permettere che neanche un solo cittadino, fosse anche un criminale sanguinario come Riina venga trattato in modo difforme da ciò che prevede la legge!
La Corte ha solo richiesto, a mio avviso giustamente, che si dimostri con argomenti fondati (e non presumendolo per ciò che si è fatto o rappresentato in passato) la pericolosità sociale attuale del detenuto Riina e in questo modo si giustifichi l’eccezione che, contrariamente a tutti gli altri cittadini italiani, ne rende necessaria la detenzione in carcere, altrimenti si applichi anche a lui la legge che si applica a tutti gli altri cittadini.
Questo significa vivere in uno “Stato di Diritto”.