Attualità

Pubblicato il 1 Aprile 2014 | di Mario Cascone

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Disoccupazione, l’inerzia e il dramma

È successo a La Spezia di recente: un uomo disoccupato si è suicidato davanti ai tre figli, ai quali non poteva dare da mangiare. È l’ennesimo dramma che si consuma sul fronte della disoccupazione, in un contesto sociale di generale crisi economica, nel quale molti uomini e donne giungono alla disperazione, perché non ce la fanno ad andare avanti.

I dati diffusi dall’Istat lo stesso giorno in cui si è consumato il dramma di La Spezia (sabato 1 marzo) non invitano certo all’ottimismo. Nel 2013 il tasso di disoccupazione in sede nazionale è giunto al 12. 9 per cento, ma in Sicilia supera il 22. La disoccupazione giovanile in Italia è del 40 per cento, mentre in Sicilia tocca la quota del 54. Solo la metà dei giovani in età lavorativa trova un’occupazione, mentre cresce il numero dei cosiddetti giovani “né-né”: quelli, cioè, che né studiano, né lavorano. Nell’ultimo anno in Sicilia si sono persi oltre 70 mila posti di lavoro, mentre in campo nazionale sono oltre mezzo milione i posti di lavoro in meno registrati nel 2013. Dalle nostre parti i posti più sicuri sono quelli del terziario, mentre l’agricoltura, l’industria, l’artigianato, il commercio vivono crisi paurose. Insomma, non c’è proprio da stare allegri…

A fronte di questa drammatica situazione quali sono le risposte dei nostri politici? È chiaro che nessuno ha la bacchetta magica, così come è evidente che la crisi economica, partita dai mercati finanziari lasciati senza regole e a briglia sciolta, è di carattere planetario e non si può vincere solo su base nazionale: è una delle croci della cosiddetta globalizzazione. Tuttavia è lecito chiedere ai governi nazionali e a quelli locali incisive politiche del lavoro, che riescano a dare risposte concrete a quanti quotidianamente soffrono le conseguenze della mancanza di un lavoro sicuro. Ai giovani, in particolare, non possiamo continuare a dare la “paghetta” con contratti di lavoro precari o addirittura fittizi, quali sono stati nel recente passato i cosiddetti “lavori socialmente inutili”. Va incentivata l’imprenditoria giovanile, attraverso strumenti fiscali e ammortizzatori sociali adeguati. I giovani vanno aiutati anche ad inventarsi un lavoro, facendo leva in particolare sulle nuove emergenze sociali. Il cosiddetto “terzo settore” si è rivelato un terreno adeguato a questo scopo.

Un discorso a parte merita, poi, una fascia di età che è molto critica: quella dei cinquantenni che sono rimasti senza lavoro e sono ancora lontani dalla pensione. Le politiche occupazionali devono prendere in considerazione anche questa categoria di lavoratori, tenendo conto che si tratta di persone che, nella quasi totalità dei casi, ha sulle spalle una famiglia da mantenere.

Siamo tutti curiosi di vedere se questi giovani politici che si sono fatti avanti per governare il nostro Paese saranno in grado di dare uno scossone all’inerzia che finora ha caratterizzato le politiche economiche, le quali hanno solo accarezzato i problemi, senza riuscire ad affrontarli in modo adeguato.


Autore

Sacerdote dal 1981, attualmente Parroco della Chiesa S. Cuore di Gesù a Vittoria, docente di Teologia Morale allo studio Teologico "San Paolo" di Catania e all'Istituto Teologico Ibleo "S. Giovanni Battista" di Ragusa, autore di numerose pubblicazioni e direttore responsabile di "insieme".



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