Società

Pubblicato il 10 Settembre 2018 | di Redazione

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Perché lo psicologo scolastico tra i banchi di scuola?

Il periodo scolastico, viene vissuto come periodo formativo non solo nel acquisire nozioni cioè il “sapere accademico”, ma uno spazio personale dove “imparare a pensare”.

In questo spazio, la relazione con l’altro diviene risorsa e strumento irrinunciabile per la costruzione della personalità individuale e per la formazione delle competenze alla socializzazione. In ogni processo formativo- educativo, l’acquisizione di nuovi contenuti è filtrata dalla relazione con l’altro, che guida e orienta il ragazzo nella sua crescita non solo intellettiva ma anche emotiva -affettiva.

Gli anni della scolarizzazione, in particolare quelli della scuola primaria, costituiscono un importante momento per lo sviluppo della competenza sociale. Attraverso le relazioni con i pari, i bambini e i ragazzi hanno l’opportunità di acquisire molte abilità che soltanto in questa specifica tipologia di rapporto possono essere apprese.

La possibilità di costruire buone relazioni a scuola  ha portato sempre più l’attenzione a sviluppare non solo una consapevolezza maggiore della complessità del compito educativo, ma anche una grande disponibilità al cambiamento mirata  ad adeguare i propri interventi ai bisogni formativi.

Da qui la figura dello psicologo scolastico diventa dunque una risorsa e strumento indispensabile per attuare il sostegno e monitoraggio di tale processo, ossia un diverso modo di vedere e affrontare i problemi.

La metodologia più indicata e diffusa è l’educazione socioaffettiva, finalizzata al potenziamento e allo sviluppo delle risorse personali e all’acquisizione delle competenze sociali. Questo processo psicoeducativo implica una attenzione allo sviluppo personale e sociale degli alunni e alla promozione della loro autostima, sottolineando l’importanza di offrire sostegno e guida agli studenti, migliorando la conoscenza di sé e del proprio gruppo classe. L’educazione socioaffettiva è un intervento che facilita la comunicazione tra i membri, promuovere comportamenti di collaborazione, solidarietà, mutuo rispetto, riconoscimento ed accettazione delle differenze.

Sono purtroppo ormai all’ordine del giorno episodi di violenza nelle scuole, nelle strade, nelle famiglie perpetrati da giovani adolescenti. Ragazzi contro ragazzi, ragazzi contro docenti: episodi di violenza di carattere “orizzontale”, tra pari, ma anche “verticale”, nei confronti degli insegnanti appunto e degli adulti in genere.

L’aggressività, la violenza ed il bullismo, sono infatti forme di comunicazione e chi aggredisce vuole comunicare una serie di cose a seconda della situazione in cui si trova. La famiglia e le agenzie educative hanno il dovere di capirlo dato che esse, a ragione, sono luoghi deputati ad educare all’affettività e alle relazioni.

I ragazzi necessitano di ascolto, di regole e di modelli a cui ispirare il proprio comportamento. Gli adulti, insegnanti e genitori indistintamente, devono recuperare e/o prendere consapevolezza piena del proprio ruolo e dell’importanza di personificare modelli positivi:  la famiglia e la scuola hanno bisogno della Psicologia perché possono arricchirsi di conoscenze sui processi psicologici e perché la Psicologia può capire i bisogni emergenti dei ragazzi e dei bambini nei contesti di crescita.

Il lavoro dello psicologo può rispondere ai bisogni della scuola, dalla formazione degli insegnanti alla sperimentazione educativa, alla gestione delle problematiche professionali e organizzative. La Psicologia può affiancare la famiglia in un compito indubbiamente difficile qual è quello di attraversare insieme ai figli le tappe dello sviluppo fisico, psicologico e relazionale allo scopo di crescere insieme.

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"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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