Vita Cristiana

Pubblicato il 5 Novembre 2018 | di Orazio Rizzo

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La “santità della porta accanto”. Il Giudice Rosario Livatino

Rosario Livatino, uomo libero con lo sguardo verso Dio

Si è conclusa lo scorso 3 ottobre, giorno in cui avrebbe compiuto sessantasei anni, presso la Curia diocesana di Agrigento, l’ultima sessione della fase diocesana del processo di Beatificazione del Servo di Dio Rosario Livatino, il “Giudice ragazzino”, che si era aperto il 21 settembre del 2011, giorno del ventunesimo anniversario del suo omicidio per mano mafiosa.

“Figura di un professionista colto ed estremamente consapevole”, lo ha definito il cardinale Montenegro, ancora poco conosciuta, ma additata  da Papa Francesco, quale esempio di santità della “porta accanto”, di quella santità aperta a tutti e raggiungibile da tutti!

Livatino era un servitore dello Stato ed un buon cristiano; ha dato un senso alla sua difficile e complicata professione solo vivendolo nel rapporto e nel dialogo intimo con Dio, nel suo essere un credente convinto e praticante. “La sua fede ha dato forma alla sua professione” – ha continuato Montenegro, durante la conferenza stampa in in Curia.

Proponiamo una riflessione sulla figura e sulla testimonianza del Giudice Livatino, scritta da Don Beniamino Sacco, oggetto – più volte – delle “attenzioni” della malavita, per il suo incessante impegno civile e cristiano a vantaggio degli ultimi, degli emarginati e dell’accoglienza a chi soffre, senza distinzione di razza, cultura, lingua o colore della pelle.

“Uomini e donne che fanno quel che dicono”.

Queste parole sono state pronunciate da Papa Francesco durante la sua visita a Palermo lo scorso mese di settembre e le ha riferite alla testimonianza di vita del Giudice Rosario Livatìno, del quale da poco si è chiusa, ad Agrigento, la fase diocesana della causa di beatificazione.

Giudice, difensore della legge ma anche cristiano, uno di profonda carità evangelica; il giudice Livatino è stato assassinato dalla mafia il 21 settembre del 1990, mentre si recava ad Agrigento. Lui era di Canicattì.

Aveva rifiutato la scorta per non mettere a repentaglio la vita di altri uomini, quella della scorta appunto; sapeva da tempo che era nel mirino della mafia, ma non per questo rinunciò alle sue responsabilità di uomo al servizio della legge e dello Stato.

Ma la santità del “Giudice ragazzino”, come lo definì l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, non si poggia soltanto sulla sua morte, ma soprattutto su come ha vissuto la sua vita di credente.

Educato in una famiglia cristiana, ha sempre coniugato la sua professione con i principi della fede. Uomo di preghiera, ogni giorno andava a Messa ed era devoto della Madonna del Rosario di cui portava il nome; la sua agenda è piena di riferimenti all’amore che aveva nei riguardi della Madonna. Uomo sempre ligio al dovere, non si lasciò mai intimidire dalle molteplici fattegli pervenire.

Aveva il senso dello Stato, ma anche il rispetto per ogni uomo, compresi quelli che faceva condannare e verso i quali manteneva un rispetto ed un’attenzione umana e cristiana. Il Giudice Livatino corrisponde alle caratteristiche di quegli uomini e di quelle donne la cui santità si può definire “normale” e che abitano nella “porta accanto”, come scrive Papa Francesco nella sua Lettera Pastorale “Gaudete et Exsultate”.

Santità a portata di tutti. Livatino, con il suo stile di vita riservato, non ha mai preteso di stare al centroscrive il procuratore della causa di beatificazioneuna testimonianza credibile di servitore dello Stato e di cristiano. Tutto quello che ha fatto, non è solo frutto del giuramento che ha prestato allo Stato, ma è risultato di una vita vissuta con lo sguardo fisso verso Dio. Livatino non è solo uno che ha fatto rinunce, che si è privato di tante cose, un Magistrato che ha fatto sacrifici; Rosario non è stato frustrato, è stato un uomo libero e tutte le decisioni che prendeva, erano frutto di una scelta consapevole. Che lui abbia fatto tutte queste cose belle da laico, è un invito pressante alla santità per tutti. E’ stato cosciente dei propri limiti, ma si è continuamente affidato a Dio ed alla Madonna”.

Un quadro dipinto da Don Giuseppe Livatino e che mette in luce il valore di questo giovane Giudice che ha saputo coniugare la città degli uomini con la città di Dio, in un rapporto indissolubile di coerenza.

Il Giudice Livatino fa parte di quella schiera di siciliani che non ci stanno a calare la testa di fronte al potere occulto di quanti tramano nel buoi e che fanno della loro vita un simbolo di morte, ma sanno andare avanti con la dignità di uomini veri, le cui idee si fondano sui principi dell’onestà, della libertà e del bene comune.

“Alla fine non ti chiederanno quanto sei stato credente ma quanto sei stato credibile”

(Servo di Dio Rosario Livatino)


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