Società

Pubblicato il 22 Gennaio 2019 | di Agenzia Sir

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Vedendo questo mi vergogno di essere un uomo

Così si è espresso con rabbia e commozione uno studente che con i compagni della sua classe, tutti provenienti dall’Italia, ha visitato l’altro giorno i campi di sterminio di Auschwitz. Sono trascorsi settantaquattro anni, ma il ricordo è sempre bruciante e i pochissimi sopravvissuti (tra cui le due sorelle Bucci), allora quasi ragazzi, lo ricordano ancora con terrore. Quel giorno il mondo tocca con mano per la prima volta l’opera infamante costruita dal regime nazista, opera che l’uomo di ieri, di oggi e di domani non potrà mai dimenticare.


27 gennaio 1945: data indelebile, scritta con lettere di fuoco nei cuori e nelle menti di tutti i popoli della terra. Il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che in tal modo ha aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime della follia nazifascista, in specie dell’Olocausto (dal greco “tutto bruciato”) e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. La scelta della data ricorda il 27 gennaio 1945 giorno in cui le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso dell’offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Oświęcim ( più nota con il suo nome tedesco di Auschwitz), scoprendo il suo tristemente famoso campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista.
L’apertura dei cancelli ad Auschwitz (grottesco: all’ingresso gli ignari deportati leggevano “fiduciosi” la scritta “Arbeit macht frei” – il lavoro rende liberi) mostrò al mondo non solo una massa immane e quasi informe di testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento del lager.
Il complesso dei campi di Auschwitz svolse un ruolo fondamentale nei progetti di “soluzione finale del problema ebraico” – eufemismo con il quale i nazisti indicarono lo sterminio degli ebrei (nel campo, tuttavia, trovarono la morte anche molte altre categorie di internati) – divenendo rapidamente il più grande ed efficiente centro di sterminio nazista: dal 1979, ciò che resta di quel luogo è patrimonio dell’umanità a seguito del riconoscimento dell’UNESCO.
Una data che viene ricordata contemporaneamente in molti Paesi europei, e che è divenuta, in questi anni, importante e molto sentita dalla popolazione e dalle istituzioni. Perché il tentativo di annientamento degli ebrei d’Europa perpetrato dal nazismo e dai suoi alleati, nel segno di una ideologia criminale che si abbatté anche contro altre categorie, teorizzando la supremazia di uomini su altri uomini e portando l’Europa e il mondo a una immane catastrofe, questo funesto evento è una parte della nostra storia collettiva che scuote le coscienze, spingendo le persone a chiedersi come tutto questo è potuto accadere.

L’orrore per quanto avvenuto durante la seconda guerra mondiale fu alla base della fondazione di una Europa incentrata sui valori del rispetto dei diritti umani e della dignità di ogni persona. E proprio partendo da quello che era stata la Shoah, fu promulgata nel 1948 dalle Nazioni Unite la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, il cui primo articolo, “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali, in dignità e diritti”, ne è il significativo fondamento. L’Europa è culla e depositaria del bagaglio morale, filosofico e culturale che quegli eventi, tragicamente, ci hanno lasciato. E in un momento di crisi quale è quello che stiamo vivendo, è molto importante tenere presenti le radici e i valori sui quali si fonda il vivere nel nostro consesso civile. Perché la crisi può essere anche una risorsa, una opportunità e una occasione di riflessione e di verifica. Al contempo occorre, senza allarmismi e con fermezza, tenere d’occhio le storture e i veleni, rigurgiti razzisti e xenofobi, che i momenti di difficoltà possono far emergere. Per questo oggi più di ieri dobbiamo prestare attenzione, operando per prevenire la deriva nazionalista e razzista di alcune frange della società, in Italia e all’estero.

Il Giorno della Memoria è stato istituito come già detto con una Legge dello Stato e coinvolge, ed è fondamentale, il mondo della scuola, ed in questi anni ha contribuito a generare in tanti giovani gli anticorpi contro il pregiudizio, a diffondere una cultura dell’accoglienza, del rispetto delle diversità. E anche, ci auguriamo, a stimolare la voglia di conoscere, di studiare, di approfondire la storia.

Il grande Primo Levi – scrittore torinese che con le sue alte testimonianze ha contribuito a descrivere e decifrare la barbarie dei campi di sterminio: i suoi libri sono un patrimonio di tutto il mondo, e uno degli strumenti di conoscenza di maggior valore – ebbe a dire : “Se capire è impossibile, conoscere è necessario”, e questa sua eredità deve essere preservata e tramandata alle generazioni future. E noi aggiungiamo “ Cambiare il mondo di oggi si può e lo si potrà fare ancor più facilmente visitando almeno una volta nella vita Auschwitz”.

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