Pubblicato il 22 Gennaio 2019 | di Redazione
0A trent’anni dalla Redemptoris Custos: una giosefologia non del tutto compresa
Da trent’anni a questa parte spunta qua e là qualche stralcio della Redemptoris Custos come se ciò fosse sufficiente ed esauriente per parlare bene di San Giuseppe. I più la sconoscono del tutto nonostante sia ormai oggetto di riflessione nei vari Simposi internazionali di giosefologia e negli altrettanti convegni di studio celebrati in Italia ad opera soprattutto delle congregazioni religiose il cui carisma si rifà alla figura e alla missione di San Giuseppe (Giuseppini del Murialdo, Oblati e Oblate di San Giuseppe, ecc).
Ma cos’è la Redemptoris Custos? È un’esortazione apostolica scritta da San Giovanni Paolo II il 15 agosto 1989 nel centenario della Quamquam pluries di Leone XIII, la prima Enciclica sul santo Patriarca. E’ un documento magisteriale di sei capitoli preceduti da un’introduzione, in tutto 32 paragrafi che trattano della figura e della missione di San Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa. L’esortazione si inserisce in un tema molto caro a papa Wojtyla, quello della Redenzione, in primis con la Redemptor Hominis (1979) e la Redemptoris Mater (1987), quindi la Redemptoris Custos (RC) del 1989 e infine la Redemptoris missio del 1990.
Giovanni Paolo II, fuori da ogni considerazione devozionale e pietistica, ha voluto presentare l’insigne figura del Patriarca in chiave cristocentrica inserendo la sua missione nel disegno redentivo, che ha il suo fondamento nel mistero dell’Incarnazione. “Proprio a questo mistero Giuseppe di Nazaret «partecipò» come nessun’altra persona umana, ad eccezione di Maria, la madre del Verbo incarnato. Egli vi partecipò insieme con lei, coinvolto nella realtà dello stesso evento salvifico, e fu depositario dello stesso amore, per la cui potenza l’eterno Padre «ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1,5)” (RC 1).
Con chiarezza e schiettezza espone brevemente le caratteristiche del vero e autentico matrimonio tra Maria e Giuseppe e da esso l’autentica e reale paternità del Santo Carpentiere. Per tale motivo egli diventa primo e singolare depositario del Mistero dell’Incarnazione, insieme a Maria santissima, testimone oculare e privilegiato degli eventi che hanno caratterizzato l’inizio della Redenzione.
Secondo la RC, richiamando il quadro evangelico, emerge insomma una figura tutt’altro che secondaria e insignificante, un personaggio tutt’altro che dormiente o muto, “San Giuseppe è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l’esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della Redenzione ed è veramente «ministro della salvezza» Nei Vangeli è presentato chiaramente il compito paterno di Giuseppe verso Gesù. Difatti, la salvezza, che passa attraverso l’umanità di Gesù, si realizza nei gesti che rientrano nella quotidianità della vita familiare, rispettando quella «condiscendenza» inerente all’economia dell’Incarnazione. Gli evangelisti sono molto attenti a mostrare come nella vita di Gesù nulla sia stato lasciato al caso, ma tutto si sia svolto secondo un piano divinamente prestabilito. Con l’Incarnazione le «promesse» e le «figure» dell’antico testamento divengono «realtà»: luoghi, persone, avvenimenti e riti si intrecciano secondo precisi ordini divini, trasmessi mediante il ministero angelico e recepiti da creature particolarmente sensibili alla voce di Dio. Giuseppe è colui che Dio ha scelto per essere «l’ordinatore della nascita del Signore», colui che ha l’incarico di provvedere all’inserimento «ordinato» del Figlio di Dio nel mondo, nel rispetto delle disposizioni divine e delle leggi umane. Tutta la vita cosiddetta «privata» o «nascosta» di Gesù è affidata alla sua custodia” (RC 8).
Giovanni Paolo II passa poi in rassegna i misteri della vita nascosta di Cristo nei quali si evince, appunto, la ministerialità di san Giuseppe, la sua primaria e indispensabile cooperazione al mistero dell’Incarnazione: il censimento, la nascita a Betlemme, la circoncisione, l’imposizione del nome, la presentazione di Gesù al tempio, la fuga in Egitto, la permanenza di Gesù a Gerusalemme, il sostentamento e l’educazione di Gesù a Nazareth. Ecco allora le caratteristiche dello sposo desumibili dai vangeli di Matteo e Luca, ecco anche il lavoratore modello e persino il modello appropriato per ogni anima contemplativa.
Il Santo Padre conclude l’esortazione richiamando il patrocinio di san Giuseppe su tutta la Chiesa: “Questo patrocinio deve essere invocato ed è necessario tuttora alla Chiesa non soltanto a difesa contro gli insorgenti pericoli, ma anche e soprattutto a conforto del suo rinnovato impegno di evangelizzazione nel mondo e di rievangelizzazione in quei «paesi e nazioni dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti», e che «sono ora messi a dura prova»” (RC 29).
Ancora oggi è un patrocinio da invocare per riprendere e tener ferma l’identità della Chiesa: “L’atteggiamento fondamentale di tutta la Chiesa deve essere quello del «religioso ascolto della Parola di Dio», ossia dell’assoluta disponibilità a servire fedelmente la volontà salvifica di Dio, rivelata in Gesù. Già all’inizio della Redenzione umana troviamo incarnato il modello dell’obbedienza, dopo Maria, proprio in Giuseppe, colui che si distingue per la fedele esecuzione dei comandi di Dio” (RC 30).
La RC, considerata dagli esperti come la Magna Charta della giosefologia, merita pertanto un’adeguata conoscenza e un serio studio dai tanti fedeli devoti a san Giuseppe, ma soprattutto dalle comunità parrocchiali che lo hanno come titolare e protettore della propria Comunità. Anche agli artisti sarebbe utile una lettura del testo per ridarci così non solo un san Giuseppe giovane, ma anche centrale e protagonista nelle diverse scene dei misteri della vita nascosta di Cristo. Ciò aiuterà a rendere più attuale e più vicino a noi questo grande santo che, nel suo silenzio e nella sua umiltà, ha tanto da dire e tanto da mostrare.
Fiduciosi per i prossimi trent’anni! Intanto, auguri alla RC e buona lettura ai curiosi.
Paolo Antoci