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Pubblicato il 20 Maggio 2014 | di Antonio La Monica

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Trasformare il Mediterraneo in un mare di pace

Il professore Luciano Nicastro è docente di antropologia filosofica presso l’Istituto teologico ibleo di Ragusa e docente di Sociologia dell’Immigrazione alla Lumsa di Caltanissetta.Inoltre ha insegnato per diversi anni Domande Filosofiche Contemporanee e filosofia della Religione alla Facoltà Teologica di Sicilia a PALERMO.

Nel corso degli anni ha pubblicato diversi libri, alcuni dei quali incentrati sul tema delle migrazioni e dell’intercultura. “Fratello immigrato”, “Mustafà va in prigione”, “Dentro la nuova società multiculturale” e, nel 2010, “I nuovi diritti sociali dei migranti”. La sua è una visione preziosa perchè esula dalle strumentalizzazioni politiche e non è certo condizionata da ruoli istituzionali.

Mentre in  provincia di Ragusa si fanno spazio sentimenti non inclini all’accoglienza, la visione del professore va decisamente oltre i luoghi comuni.

“La concezione antropologica – spiega Nicastro –vede nel migrante non soltanto un uomo come noi, ma anche un fratello. Soprattutto se legati a un credo musulmano che vuole un Dio unico e misericordioso che interviene ed assiste. Detto questo, a mio avviso, esiste una concreta possibilità: trasformare il Mare Mediterraneo in un mare di pace in una zona franca dell’Europa, un luogo naturale per uno smistamento sicuro e controllato verso i sentieri del lavoro, della formazione e dell’occupazione. Essenziale è proporre alla collettività di considerare questa realtà come strategica nell’interesse dei diritti umani fondamentali di questi popoli in difficoltà, ma anche dei popoli che li ospitano”.

Ma come operare in concreto? “Dal punto di vista pratico – risponde il professore – si deve continuare a reprimere il fenomeno del traffico di esseri umani e, dunque, degli scafisti. Dunque istituendo porti franchi lungo il Mediterraneo che colleghino con mezzi a prezzi agevolati l’Africa con l’Europa. il fenomeno migratorio è dimostrato essere inarrestabile. In tal modo avverrebbe in condizioni di sicurezza”.

La posizione del docente appare quasi provocatoria. “Abbiamo interesse – conferma – che la migrazione realizzi i suoi scopi: produrre ricchezza e produrre un lavoro di cui noi in Italia abbiamo bisogno”. A finanziare questi progetti non dovrebbe più essere l‘Europa. “Dietro a ogni migrante – spiega Nicastro – c’è una micro impresa familiare che investe denaro. Ogni arrivo è il risultato di investimento finanziario della famiglia estesa, che concorre a che uno di loro realizzi la punta avanzata di una catena umana che è quella della migrazione. Oggi, invece, leggi repressive alimentano di fatto una speculazione a non finire che si deve evitare”.

Dietro ad ogni migrante c’è una micro impresa familiare

Ma come spiega un uomo di cultura le reazioni, talvolta scomposte, che derivano dai nostri conterranei rispetto agli stranieri? “Alcuni italiani sono più accaniti perché vedono i migranti come concorrenti delle
possibilità di lavoro o finanziarie. Ma questa è una lettura errata e priva di fondamento scientifico. Noi abbiamo bisogno di loro e su di loro dobbiamo investire. Aiutiamoli a inserirsi in maniera legittima, impediamo che muoiano attraversando il Mediterraneo. Pensiamo a inserirli con corsi di formazione in città preparate all’integrazione. Perché non apriamo la formazione professionale a questa quantità e qualità di uomini? In tal modo si specializza la nostra capacità di formazione. Sarà necessario, ad esempio, allargare la promozione del diritto allo studio con il diritto al lavoro promuovendo un incubatore di impresa artigianale, cooperativa e piccola industriale nel campo della manutenzione”.

Ragusa potrebbe avere tutte queste caratteristiche, ma per renderla una vera città dell’integrazione avremo bisogno di una politica regionale e nazionale molto diversa.

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Autore

Giornalista professionista presso “La Sicilia”.



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