Pubblicato il 1 Novembre 2019 | di Agenzia Sir
0Natuzza e Alda: due vite accomunate da un unica anima
Il destino ha voluto che l’esistenza terrena di Natuzza Evolo e Alda Merini terminasse lo stesso giorno, il 1 novembre di dieci anni fa.
Natuzza Evolo nacque a Paravati, una frazione del comune di Mileto. Il padre, Fortunato, qualche mese prima che lei nascesse, nella speranza di poter contribuire economicamente al sostegno familiare, era emigrato in Argentina, da dove non sarebbe tornato mai più, formando una nuova famiglia. La madre, Maria Angela Valente, rimasta sola con numerosi figli da accudire, si adattò ai lavori più umili per sfamare la famiglia. La bambina non ricevette una particolare formazione religiosa, cercò di aiutarla e accudì gli altri fratelli, senza poter frequentare regolarmente la scuola e restando quindi analfabeta.
A 14 anni, per aiutare la famiglia andò a lavorare come domestica in casa dell’avvocato Silvio Colloca, guadagnandosi subito la fiducia di quella famiglia. Ma dopo poco tempo Natuzza fu al centro di presunti fenomeni paranormali, quali la visione di persone che erano già defunte. La madre decise allora un matrimonio combinato, con un giovane falegname, che in quel momento prestava servizio nell’esercito. Trovandosi lo sposo in guerra, il matrimonio (officiato con rito civile), avvenne per procura il 14 agosto 1943. La coppia ebbe cinque figli.
Su sua ispirazione si costituì nel 1987 un’associazione (poi diventata fondazione, presso cui Natuzza avrebbe poi trascorso il resto della sua vita) con l’obiettivo di creare a Paravati un complesso che comprendesse un santuario mariano, strutture per l’assistenza medica e centri per giovani, anziani, disabili, tra cui il centro anziani “Pasquale Colloca” e quello per i servizi alla persona “San Francesco di Paola”. Ispirati da Natuzza e dalla sua testimonianza di fede sorsero inoltre, dal 1994, alcuni “Cenacoli di preghiera”. Morì a causa di un blocco renale alle 5 di mattina del 1 novembre 2009 nel centro per anziani che lei stessa aveva fondato grazie alle cospicue offerte dei fedeli.
Si manifestano durante il corso della sua vita una serie di presunte apparizioni e colloqui con Gesù Cristo, la Madonna, angeli, Santi e defunti, bilocazione, la comparsa di effusioni ematiche accompagnate da stati di sofferenza nel periodo pasquale e momenti di estasi. Svariate testimonianze le attribuiscono anche il presunto e cosiddetto “dono dell’illuminazione diagnostica”. Per decine di anni ricevette presso la sua abitazione migliaia di persone provenienti da tutto il mondo per incontrarla, principalmente nella speranza di avere notizie dall’aldilà dai propri defunti o indicazioni sulle proprie malattie. Il 6 aprile 2019 nella spianata della Villa della Gioia a Paravati, dopo una solenne concelebrazione, con l’insediamento del tribunale diocesano, si è ufficialmente aperto il processo di beatificazione.
Stessa data di morte, 1 novembre 2009, per Alda Merini che rimane una delle penne più belle e più pungenti della poesia e della letteratura italiane. Celebri tante delle sue frasi, così come le sue poesie e le sue opere. Nota per essere stata una celebre poetessa, scrittrice e aforista italiana, fu la minore di tre fratelli in una famiglia modesta. Della sua vita ebbe a dire:“Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno. Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”.
La poesia era nel suo destino e a quindici anni, spinta dal suo mentore Giacinto Spagnoletti, Alda Merini esordì come autrice. Alda Merini incontra molto presto ciò che definirà le “prime ombre della sua mente” è già nel 1947 viene internata per un mese all’ospedale psichiatrico di Villa Turno. Nel 1953 Alda sposa Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie a Milano. Poco dopo esce il suo primo volume di versi chiamato “La presenza di Orfeo”. Due anni dopo è il momento della pubblicazione di “Nozze Romane” e “Paura di Dio”. Dal 1961 inizia per lei un triste periodo di isolamento e solitudine durante il quale viene internata al Paolo Fini fino al 1972. Dopo il proseguire dell’alternarsi di periodi di salute e periodi di malattia fino al 1979, Alda Merini riprende in mano la penna e lo fa affidando all’inchiostro le devastanti e drammatiche esperienze legate alla sua permanenza in manicomio. Molto importante è il carattere mistico della sua più recente poetica, che è connessa alla prima vena creativa con cui esordì e che aveva in sé una forte componente di misticismo. Il 18 marzo 2002 è stata insignita del Sigillo longobardo, onorificenza assegnata ogni anno dal Consiglio regionale della Lombardia nell’ambito della tradizionale Festa dello Statuto. In più occasioni è stata avanzata la sua candidatura al premio Nobel per la letteratura.