Pubblicato il 14 Aprile 2020 | di Vito Piruzza
0Tutto da rivedere e da ripensare in una rinnovata scala di valori
In questo periodo di isolamento fisico la rete costituisce lo strumento unico di socializzazione e tra i tanti contenuti veicolati uno mi ha particolarmente colpito, una riflessione di Aldo Moro del febbraio 1978 sull’impossibilità di evitare le difficoltà che il periodo storico ci pone davanti e sull’incoraggiamento a superare le difficoltà insieme come comunità nazionale, unica via possibile per il superamento dei periodi di difficoltà.
Ricordo bene quel periodo che vivevo da adolescente molto stimolato dalle tematiche sociali, il clima cupo dei cosiddetti “anni di piombo” nato dall’inasprirsi dello scontro sociale sfuggito al controllo dei corpi intermedi e approdato alla lotta violenta del terrorismo.
La causa era completamente diversa ma il senso di smarrimento e di destabilizzazione sociale era molto simile a quello che viviamo oggi, in quel frangente la nostra comunità nazionale reagì con “l’unità nazionale”, riscoprendo il valore dell’essere un unico corpo sociale, e adesso?
Come stiamo reagendo come Italiani a questa nuova inaspettata sfida?
E dato che fra qualche tempo anche questa emergenza come è normale che sia finirà, cosa lascerà come “ricordo” o come “lezione” questa drammatica esperienza nazionale?
È paradossale, ma a ben vedere ha una sua logica, che proprio il blocco delle relazioni sociali sta facendo riscoprire il valore dell’essere “comunità”. Questa terribile esperienza ci obbliga tutti a restare a casa, a rivedere, o per meglio dire riscoprire, per prima cosa i rapporti interni alla famiglia.
Questa esperienza ci sta obbligando a non dare per scontato niente, a capire che tutto può sempre essere messo in discussione, a partire dalle cose semplici (il valore di una passeggiata, di un abbraccio, del caffè con i colleghi, di una cena con gli amici), fino alle cose più importanti (la salute, la libertà, il lavoro etc.); mentre negli anni ‘70 la riflessione si limitò all’ambito socio politico (la minaccia coinvolgeva le istituzioni e il modello sociale), oggi il coinvolgimento è molto più ampio e ci coinvolge dalla sfera personale dei sentimenti e dei valori, alla sfera collettiva dei modelli sociali e culturali.
Qualche esempio anche banale già evidenzia il cambiamento: si è mai vista in Italia una fila ordinata? Guardate davanti ai supermercati! Tutti ordinatamente distanziati.
E che dire del “controllo sociale”? Un popolo abituato da sempre a “girarsi dall’altra parte”, sperimenta che il destino di ciascuno è legato al rispetto delle regole da parte di tutti. E la sanità pubblica vituperata e impoverita all’inverosimile nell’indifferenza generale? E la devoluzione delle regioni ricche? E l’autonomia regionale che stava moltiplicando in modo ingestibile le regole? Lodi e Piacenza sono solo su due rive diverse del Po!
Tutto da rivedere, tutto da ripensare …
Voglio credere che questa tragedia collettiva, oltre alle tante lacrime e alle ansie, almeno ci lasci in dono una rimodulazione corretta dei valori, un rinnovato senso di appartenenza alla comunità, non solo nazionale, ma umana. Per dirla con John Donne “Nessun uomo è un’isola” e mai come adesso che siamo costretti a vivere da “isole” ci rendiamo conto di quanto sia innaturale.