Pubblicato il 11 Aprile 2020 | di Carmelo La Porta
0Libertà, responsabilità, speranza In tre parole l’umanità della Pasqua
Ricordo, una volta, di aver fatto gli auguri di buona Pasqua, ricordando la Resurrezione di Gesù Cristo, ad un mio amico che sapevo essere ateo. Mi scrisse, via sms: “non credo, ma accetto ben volentieri i tuoi auguri”. Non mi stupì la sua risposta, conoscendo la sua onestà intellettuale, anzi mi fece molto piacere.
Il significato etimologico antico della parola “pasqua”, letteralmente “passaggio” o “andare oltre”, ci fa riscoprire la logica antropologica che soggiace al desiderio di sentirsi porgere un augurio.
Quest’anno, contrassegnato dalla flagello della pandemia, quest’augurio assume un significato tutto particolare, nel momento in cui abbiamo conosciuto, credenti e non, la nostra finitudine, la nostra impotenza, la nostra fragilità. E ci siamo scoperti tutti bisognosi di un augurio che ci faccia andare oltre, che spalanchi le possibilità della speranza negli orizzonti dei nostri desideri, quelli più profondi, quelli che ci fanno scoprire la verità del nostro essere umani.
L’intelligenza e la creatività umana, la capacità di sognare, di progettare il proprio futuro rimandano alle grandi aspirazioni che per ciascuna persona si traducono nella possibilità di realizzare se stessa. Il limite dell’incapacità spinge a trovare energie interiori che possono superare la paura dell’insuccesso, della sofferenza, persino, della morte. È l’arcano desiderio dell’uomo di sognare oltre i propri limiti o, semplicemente, l’umile accettazione di questi limiti per scoprire in essi, comunque, una ragione di felicità. E la felicità è l’augurio più grande che ognuno desidera per sé e per i propri cari.
Oggi, per alcuni, è il desiderio della guarigione, per altri il desiderio di ritornare al lavoro o allo studio, per tutti il desiderio di riabbracciarci, di tornare alle normali relazioni, di tornare a passeggiare, a correre, a giocare insieme, a pedalare, a cavalcare, a volare, a cantare in coro, a vivere gli spazi che questo mondo e la natura ci mettono a disposizione. In una parola desiderio di libertà e di essere liberati dall’insicurezza, dall’ansia, dall’angoscia.
Questo desiderio attiva la grande forza della responsabilità. Il Papa, rivolgendosi ai giovani nell’omelia per la Domenica delle Palme, ha posto loro come modelli da seguire i veri eroi di questi giorni, non la fama o la ricchezza. Ciò che stiamo vivendo supera gli steccati tra credenti e non credenti e assunto come modello e valore antropologico di riferimento quello del servizio agli altri.
La fraterna solidarietà ha acquisito una dimensione universale, nella quale il servizio è diventato una forma di preghiera, un’ascesi per contemplare l’umana sofferenza che chiede di essere guarita e salvata. Tutti siamo uniti al destino dell’umanità in una fraterna solidarietà che ci invita a non tirarci indietro, a metterci a disposizione perché possa realizzarsi fra gli uomini il più grande dei desideri, la pace.
Ecco allora tre aspetti antropologici della Pasqua: desiderio di libertà e di liberarsi dai limiti delle proprie incapacità; responsabilità di servire per condividere la fraterna umana solidarietà; affidarsi ad una speranza nuova, ad una umanità migliore, ad una pace alta con se stessi, con gli alti, con il mondo. Ciò vale credenti e non credenti.
È un augurio. Può esser un impegno. Buona Pasqua!