Società

Pubblicato il 26 Maggio 2020 | di Alessandro Bongiorno

0

Dall’immaginazione alla nuova realtà Così ridiamo un’anima al nostro tempo

Ricominciare sì, ma da dove? Da dove ci eravamo lasciati? Sarebbe forse difficile e sicuramente non appagante. Abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo un’esperienza forte che in qualche modo segnerà il nostro modo di abitare le città, il lavoro, la scuola, le relazioni sociali, l’economia, la sanità, il nostro essere cittadini del mondo.
Abbiamo scoperto e riscoperto comportamenti che ci hanno reso persone migliori e altri sui quali riflettere. Per questo sarebbe bello poter ripartire in modo diverso. Il Papa, che insieme al Presidente Sergio Mattarella sono stati due fari che ci hanno indicato il porto sicuro anche nei momenti in cui sembravano prevalere le tempeste, ci ha chiesto di
compiere uno sforzo, anzi di trovare il «coraggio» (perché anche di questo abbiamo bisogno in questa fase) per immaginare le città, il mondo, le relazioni che siamo chiamati a ricostruire. Il Papa aggiunge che questo è il «momento propizio», è l’occasione che forse aspettavamo per ridare un’anima a ciò che l’ha smarrita.
La famiglia in queste settimane di forzato isolamento ha ritrovato tempi e spazi che sembravano impossibili anche solo da immaginare e che ora dovrà saper difendere e, possibilmente, ampliare.
L’economia non potrà ricominciare dal giorno precedente alla chiusura delle imprese. C’è un modello iperliberista che è andato in crisi e un altro che stenta ancora a delinearsi. Lo Stato, le banche, le imprese, i lavoratori, i consumatori devono imparare a remare nella stessa direzione perché oggi più che mai il mondo della produzione si trova tutto «sulla stessa barca». E se la politica si riaffaccia in questa dimensione può (se ne sarà capace e se noi le daremo forza con le
scelte migliori possibili che compiremo nella cabina elettorale) dare un’anima all’economia, indirizzandone scelte e imponendo, dove necessario, dei limiti.
Sul lavoro abbiamo scoperto che si può lavorare (anche meglio) da casa piuttosto che in uffici con le luci a neon che segnano sempre la stessa ora. E per andare a fare la spesa il negozietto sotto casa o nel centro storico ci offre merce fresca, qualche consiglio, un rapporto diretto che nessun commesso di un centro commerciale ha saputo darci in questi anni. Sì, tornare più spesso nella bottega piuttosto che nell’ipermercato ci renderà migliori (e limiterà anche il propagarsi anche di quei virus stagionali che bene non fanno). Abbiamo anche scoperto (ma lo sapevamo) che si può
fare la spesa dal lunedì al sabato e che la domenica se le serrande dei negozi restano chiuse è forse meglio per tutti. La scuola ha capito che si può trasmettere il sapere anche senza gessetti e lavagne ma che la didattica a distanza, così come improvvisata in questi giorni, non è la soluzione. Per spostarsi in città la bicicletta (anche elettrica in una città come Ragusa) e il monopattino possono essere più di una alternativa e nelle metropoli forse una necessità. In questi giorni abbiamo anche capito che si può ricostruire un ponte come quello di Genova, abbattendo la burocrazia. Qualcuno
ha nostalgia dei cinque anni impiegati per un analogo viadotto sulla Catania-Palermo, quattro dei quali spesi ad aspettare che le “carte” fossero a posto? La ripresa deve essere “smart” e la burocrazia deve adeguarsi, anche in Sicilia dove per la prima volta anche un super dirigente si è dimesso per i ritardi con i quali procedeva il suo ufficio. E la sanità? Straordinaria per tanti aspetti, soprattutto quella pubblica. In Sicilia abbiamo, tra l’altro scoperto, che i pazienti ricoverati in ospedale possono essere assistiti anche nelle ore notturne senza l’ausilio dei familiari. Era così nel
resto degli ospedali e ora sappiamo che anche nelle nostre corsie non è “fantasanità”. Stiamo imparando a dare valore al tempo e anche prendere un appuntamento per sbrigare una faccenda o andare dal medico per una visita è una cosa semplice che si può ripetere anche nella speriamo imminente fase 1. Anche nelle nostre comunità abbiamo imparato a ritrovarci e ad ascoltarci dietro uno schermo e ora sappiamo che abbiamo uno strumento in più per pregare e tenerci e contatto e sappiamo anche che possiamo utilizzarlo sicuramente meglio.
Se ci pensiamo bene, non mancano campi di una «immaginazione» assolutamente «possibile» fatta di tanti piccoli gesti quotidiani che possono renderci migliore la vita e che possano ridare un’anima al nostro tempo. È bello l’aggettivo «possibile» che il Papa ha messo accanto al termine «immaginazione» perché tutto questo non deve essere solo un’utopia ma la strada reale e concreta da percorrere il giorno in cui ci lasceremo alle spalle questa pandemia. Ai cattolici spetta l’ulteriore compito di illuminare queste strade con «il realismo» (anche qua una parola che rifugge gli estremismi) che «solo il Vangelo può offrire».

Tags: , , ,


Autore

Giornalista, redattore della Gazzetta del Sud e condirettore di Insieme. Già presidente del gruppo Fuci di Ragusa, è laureato in Scienze politiche.



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna Su ↑