Pubblicato il 21 Giugno 2020 | di Redazione
0Testimoni del Vangelo della Carità a fianco della realtà della sofferenza
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù consegna ai suoi discepoli il comandamento nuovo dell’amore fraterno: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12). Esso è nuovo perché ha il suo fondamento nell’amore di Cristo, che dona la sua vita per noi, ci tratta da amici e ci comunica i pensieri del Padre.
L’espressione “come io ho amato voi” non ha solo valore comparativo, cioè non indica una misura alta e irraggiungibile con le sole forse una e, ma soprattutto generativo e partecipativo: Gesù, amando i discepoli, li rende capaci di amare con la sua stessa qualità e intensità d’amore. L’amore del Figlio di Dio per i suoi discepoli genera il loro amore fraterno. È lo stesso amore di Cristo che si rende presente nei sentimenti e nelle opere dei suoi amici e rivela quello del Padre. S. Giovanni nella sua prima lettera afferma che l’amore vicendevole proviene da Dio, il quale è causa della carità fraterna: “noi siamo, perché egli ci ha amati per primo” (1Gv 4,19).
Anche S. Paolo parla di un amore che ci abita e ci spinge: “l’amore di Cristo ci possiede” (2Cor 5,14). Il verbo greco (synecheìn), che l’Apostolo utilizza, manifesta che l’amore di Dio, rivelato in Cristo, abita il credente e opera nella sua vita. L’amore di Cristo è quindi il motore dell’esistenza cristiana e diviene visibile e toccabile attraverso la carità che i discepoli manifestano tra loro e verso tutti.
La carità cristiana è dono gratuito, perché esprime l’amore del Padre che ci ama nel Figlio in modo preveniente e senza nostro merito, è universale, perché non erige barriere sociali o razziali, non disprezza nessuno. Essa deve porre segni che esprimano l’amore forte e fedele di Dio per l’umanità, soprattutto per i poveri.
I testi evangelici testimoniano la grande attenzione e vicinanza di Gesù verso i poveri, gli ultimi, gli emarginati. Egli si mette in ascolto del loro grido di aiuto. Per Cristo, i bisognosi non sono persone anonime o casi da risolvere, bensì volti da riconoscere e persone da incontrare, ascoltare ed abbracciare. Nel cuore di Gesù c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che egli stesso scelse di vivere povero e con i poveri, insegnandoci che l’aiuto al bisognoso va coniugato con l’accoglienza e la vicinanza.
Cristo si identifica con i poveri: “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare” (Mt 25,35). Nella sinagoga di Nazareth proclama che “Lo Spirito del Signore (…) mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4,18).
Ogni cristiano, chiamato ad avere “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5), deve far propria questa preferenza divina. Papa Francesco, nella esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, a proposito dei poveri, scrive: “siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli” (n. 198). Il Pontefice parla di “inclusione sociale dei poveri” (EG n. 186) ed esorta ogni cristiano e ogni comunità ad ascoltare il “grido dei poveri” ed essere “strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, perché possano integrarsi pienamente nella società (EG n. 187).
In questo periodo difficile e doloroso, la Chiesa diocesana è venuta in soccorso di quanti non avevano i necessari mezzi di sussistenza, collaborando anche con le Amministrazioni locali. Attraverso un’organizzazione efficace della carità, la Caritas diocesana, le Parrocchie e le Associazioni caritative hanno raggiunto capillarmente la realtà della sofferenza e del bisogno. Questa testimonianza della carità ha in sé una grande forza evangelizzatrice nella misura in cui diventa segno e trasparenza dell’amore di Dio, che si prende cura degli uomini.
Don Sebastiano Roberto Asta