Politica

Pubblicato il 20 Settembre 2020 | di Agenzia Sir

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Il fallimento dei decreti di Salvini nell’assenza di politiche alternative

La pandemia ha dimostrato a caro prezzo in tutto il mondo quanto le leadership populiste siano incapaci a gestire emergenze reali e non costruite ad arte con spregiudicate campagne propagandistiche. Anche in Italia il Covid ha messo in secondo piano l’ossessiva drammatizzazione del fenomeno migratorio su cui i populisti di casa nostra hanno raccolto ampi consensi. Non che le migrazioni non rappresentino una grande questione del nostro tempo, anzi, lo sono certamente, ma non nei termini in cui la narrazione neo-nazionalista le rovescia sull’opinione pubblica facendo leva sulle pulsioni “di pancia” e oscurando un approccio realistico e razionale.

Adesso che anche l’altro caposaldo della propaganda populista – l’ostilità nei confronti dell’Europa matrigna – è stato smontato dalla svolta compiuta dalla Ue con il Recovery Plan, c’è paradossalmente il rischio che la ripresa degli sbarchi di immigrati sulle coste ridia fiato agli slogan anti-stranieri. Tanto più che tale ripresa s’intreccia – essendo la pandemia un fenomeno globale per definizione – con i timori per la recrudescenza dei contagi. Ovviamente bisogna mettere in campo tutti i provvedimenti possibili per evitare o comunque controllare rigorosamente il contagio d’importazione. Questo è fuori discussione, nel senso letterale che non è questo ciò di cui si discute. Bisognerebbe piuttosto ricordare – e qualche osservatore più attento lo ha già fatto – che gli sbarchi riprendono mentre sono in vigore non fantomatiche leggi più permissive varate dall’attuale maggioranza, ma proprio quei “decreti Salvini” che hanno costituito uno dei più controversi prodotti della maggioranza giallo-verde. Il fallimento di quei decreti era già stato dimostrato dall’allargamento delle maglie della clandestinità – inevitabile quando si riducono drasticamente o addirittura si azzerano le possibilità di una presenza legale – e ora con la ripresa degli sbarchi viene testimoniato anche dall’inefficacia rispetto al principale intento dichiarato dai promotori di quelle norme.

L’inadeguatezza della risposta della politica al fenomeno migratorio è documentata anche dall’inedita circostanza che il leader che più ha cavalcato quel filone si ritrovi oggi al centro di due procedimenti giudiziari autorizzati dal Parlamento. Sul piano penale nessuno è legittimato a emettere sentenze a priori: in Italia, per fortuna di tutti e anche dell’interessato, si viene giudicati da magistrati sottoposti alla legge e vige fino in fondo la presunzione d’innocenza. Ma dal punto di vista politico è evidente l’esistenza di una sfasatura di fondo.

D’altro canto l’attuale compagine di governo non è ancora riuscita a predisporre una strategia alternativa, anche per l’oggettiva difficoltà del M5S a correggere le posizioni precedentemente assunte nell’ambito della maggioranza con la Lega. Pesa anche – e molto – l’atteggiamento ambiguo e oscillante dell’Europa, che sull’immigrazione non è ancora riuscita a operare quel salto di qualità di cui si è avuta prova nella reazione alla pandemia.

Stefano De Martis

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