Vita Cristiana

Pubblicato il 11 Gennaio 2021 | di Mario Tamburino

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Tributiamo la nostra gratitudine a chi si è speso con dignità e coraggio

«Non abbiamo più nulla da aggiungere a quello che bisognava fare e che bisognava dire».

Le parole di monsignor Carmelo Cuttitta risuonano con semplicità dentro la cattedrale di San Giovanni dalla quale ha guidato il popolo ragusano per cinque anni. Il vescovo di Ragusa ha appena letto personalmente il documento vaticano col quale papa Francesco accetta le sue dimissioni per motivi inerenti al suo stato di salute.

Dalla cattedra, rivolgendosi al clero che ha autorevolmente ha guidato, allarga le braccia: un gesto di consegna ad una volontà che non è la propria e di commosso abbraccio ai suoi fratelli nel sacerdozio.

«Vorrei solo scusarmi – aggiunge quasi costretto dall’emozione che non riesce a trattenere e che gli rompe la voce – se non ho saputo e non ho potuto fare quello che volevo».

Con grande dignità e coraggio, con libertà e intelligenza, rinunciando per una volta alla battuta arguta dello spirito palermitano con cui spesso ha saputo sciogliere in un sorriso la serietà dei momenti più formali, monsignor Cuttitta compie il suo gesto d’amore alla Chiesa di Ragusa. Non potendola servire nel modo che ritiene più adeguato al valore che essa ha ai suoi occhi, né giudicandola proprietà sua, la consegna a chi gliel’aveva affidata.

Con umiltà non comune, davanti ai suoi sacerdoti Carmelo Cuttitta non ritiene sufficiente quello è riuscito a dare durante il suo episcopato.

Viene in mente il Vangelo di Marco (12,38-44). Gesù «seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Il gesto del nostro vescovo ricorda quello della vedova del Vangelo. Noi non sappiamo se quello che è riuscito a dare sia “molto” o “poco”, però abbiamo visto con i nostri occhi che, consegnando se stesso senza riserve, in qualche modo ha donato tutto.

Una testimonianza inestimabile, a cui tributiamo la nostra gratitudine.




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