Cultura

Pubblicato il 24 Dicembre 2021 | di Emanuele Occhipinti

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Una luce brilla nella notte buia del pastore Sila

“Vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi un re, un Salvatore… lo troverete adagiato in una mangiatoia…” Un re che nasce in una mangiatoia! Sila è scosso dalle parole dell’uomo apparso dal nulla che annuncia un incredibile evento e lo invita ad andare a vedere il re. Incredibile! L’uomo con una veste di luce che appare nella notte, mi sembra quasi un sogno. Ma come ho fatto a sognare anche quelle incomprensibili parole? “È nato a Betlemme un Salvatore”. Un Salvatore che giace in una stalla, dentro la mangiatoia degli asini? Chi potrà mai salvare costui? Ben sorprendente la cosa, ma a Sila dava ugualmente un senso di sicuro conforto. Sila il pastore viveva solo con il suo gregge ed i suoi cani in una capanna tra le colline di Efrat, ai margini dei boschi delle montagne di Hebron. L’amore per il suo gregge ne aveva fatto un solitario, ma fuggiva anche i continui dissidi tra i giudei. Già, proprio quei dissidi erano la causa della sua malinconia; chissà che questo re che porta la pace possa superare le fratture tra i popoli e le inquietudini dei cuori. Fu questa segreta speranza che spinse Sila ad alzarsi nel silenzio ed a mettersi in cammino; o forse fu il suo intuito di uomo vicino alla natura che gli fece percepire il grande fremito che nella notte, una delle notti più lunghe e buie dell’anno, percorreva il cielo e la terra. E poi, quella stella con una lunga scia luminosa sopra il cielo di Betlemme. Si, proprio a Betlemme era il suo pensiero mentre percorreva, alla fioca luce della lampada, i sentieri scoscesi di terra rossa della montagna che stanotte non era silenziosa come al solito. Betlemme, adagiata sul dorso della collina di fronte alla sua montagna, la collina dai fianchi abbelliti di terrazzi e di piccoli giardini; Betlemme dove in quei giorni c’era grande subbuglio a causa di un censimento della popolazione ordinato dall’imperatore romano; Betlemme, dove sperava di trovare quello che non riusciva nemmeno lontanamente ad immaginare. Chissà se quella notte la gioia annunciata dall’uomo con la veste abbagliante sarebbe stata la sua gioia? Ma soprattutto, gioire di che cosa? Cosa sta accadendo di tanto bello per essere felici? Con questi pensieri nel cuore Sila percorse le miglia che lo separavano dalla sua meta, nel buio notturno giunse a valle, attraversò lo stretto passaggio che portava verso il villaggio, e andò oltre, attirato ancora di più dalla stella che si stagliava sempre più vicina con aghi di luce nell’aria ghiacciata.

Intuì uno strano fremito davanti alla stalla improvvisata dove, riscaldato dal fiato di un bue mansueto e di un asino dal pelo bianco, giaceva sulla paglia un bimbo coperto di panni chiari. Vicino a lui una giovane donna stesa su un giaciglio di fortuna ed un uomo dallo sguardo preoccupato.

Ma ciò che lo sorprese fu la ressa davanti alla stalla: una serva della vicina locanda portava dei panni e levava emozionata le braccia al cielo; i taciturni pastori delle campagne vicine che di solito non parlano che ai loro cani o alla luna, erano loquaci e pieni di frenesia: deponevano davanti a quel neonato, ancora arrossato dal parto, i prodotti del loro lavoro, latte cagliato, formaggi di capra, burro di pecora ed anche bacche di sicomoro, datteri di Gerico. Parlavano delle loro umili miserie, epidemie, parassiti, dolori, ma la loro voce lasciava trapelare che si sentivano felici. Quale grande prodigio stava succedendo? Si sentì, proveniente dall’ombra calda della paglia, un grido leggero e sicuramente quel grido non veniva né dall’uomo né dalla donna. Era il dolce vagito della piccolissima creatura che raggiungeva il cuore dei presenti e li colmava di quella gioia che l’uomo di luce aveva annunciato. Sila non riusciva a partecipare a quella gioia: depose l’agnellino nato due settimane prima dalla sua pecora più bella e che aveva portato sul collo, vicino al giaciglio e subito svanì anche il tepore che gli aveva assicurato la sua lana morbidissima. Ma nessun altro tepore lo invase. Quel presunto re, quel Dio Bambino, che parlava a tutti, per lui era muto? Stette ancora qualche istante appoggiato vicino alla mangiatoia, cullato dalle melodie delle zampogne e dei pifferi che qualcuno aveva cominciato a suonare in segno di letizia, ma il suo pensiero era sempre più turbato. Lasciò la capanna soprappensiero. “La pace di Jahvè sia con te Sila” la voce di Miriam, la figlia del suo amico Nebi, pastore come lui, le ricordò la voce dell’uomo venuto dal cielo e gli procurò la stessa emozione. “Salute a te Miriam, figlia di Nebi”. Sila provò nuovamente il tepore dell’agnellino sul collo, ma adesso non aveva più l’agnellino e quel tepore lo riscaldava tutto nell’aurora irreale e fredda di quel giorno. “Ma dove sei stato? Perché sei sceso dalla tua collina? E dov’è il tuo gregge sempre più numeroso?” La voce di Miriam divenne di colpo più serena e quelle parole sorpresero felicemente Sila: “Hai l’aria di uno che ha fretta di allontanarsi. Che hai visto?”

Già che ho visto? Ho visto un neonato tremante in mezzo alla paglia di una mangiatoria; ho avvertito intimamente, malgrado la scena di miseria, che non è un bimbo uguale agli altri e i miei occhi lo hanno guardato pieni di stupore come si guarda un re. Ho ascoltato parole colme di gioia: questo bambino porterà la pace e la salvezza, a tutto il popolo, a ciascuno, a me. Ho visto che molti si sono svegliati nella notte e sono presi da uno stupore inedito di vita. Ma la sua disarmante povertà, la sua stalla, la sua mangiatoia, lo sguardo dolce della madre, quello preoccupato del padre, il vagito, inatteso, inaspettato, che ha attraversato il mio cuore… tutto quanto mi ha reso incredulo e contemporaneamente esterrefatto. Tornò alla stalla, si avvicinò alla mangiatoia; provò la strana sensazione che il bimbo sorridesse a lui, proprio a lui. Quel bimbo era nato nel buio più buio della sua vita. Piegò il ginocchio per avvicinare lo sguardo al giaciglio di paglia; vide il visino del neonato: non aveva più paura del Dio Bambino. E si lasciò amare.

 

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Autore

Laureato in Scienze Economiche e Bancarie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, lavora dal 1990 presso Banca Agricola Popolare di Ragusa, dove attualmente dirige il Mercato Imprese. E’ impegnato nell’associazionismo e nel volontariato nazionale ed internazionale, settori per i quali svolge anche il ruolo di formatore. Già presidente diocesano di Azione Cattolica, è, in atto, Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi di Ragusa e vicepresidente Unitalsi Ragusa.



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