Pubblicato il 23 Marzo 2023 | di Mario Cascone
0Misericordia e sinodalità
Sono passati dieci anni da quando, il 13 marzo 2013, il card. Jorge Mario Bergoglio venne eletto Papa, assumendo, per la prima volta nella storia dei Papi, il nome di Francesco. Rifacendosi al Poverello di Assisi, egli ha voluto essere un Papa povero alla guida di una Chiesa che sceglie la povertà e il servizio agli ultimi come suo segno distintivo. I suoi atteggiamenti e le sue scelte di vita hanno confermato questa scelta profetica: non ha mai voluto abitare nell’appartamento papale, decidendo di vivere nella Casa Santa Marta, insieme ad altri che svolgono il loro servizio in Vaticano; non ha voluto una macchina lussuosa, ma una semplice utilitaria; non gradisce paramenti vistosi e costosi; diverse volte è andato in giro a piedi per le strade di Roma per comprare quanto gli occorreva; a sorpresa è andato a trovare famiglie di poveri o ha telefonato a persone provate da un dolore…
Oltre alla sua personale testimonianza di vita, Papa Francesco ha compiuto, in questi dieci anni, riforme coraggiose all’interno del Vaticano; riforme che hanno riguardato anche lo Ior, l’Istituto Bancario della Santa Sede, che è stato sganciato da operazioni finanziarie poco trasparenti o comunque non consone alla vita della Chiesa. Anche la Curia vaticana è stata riformata e indirizzata verso la “nuova evangelizzazione” e lo “sviluppo umano integrale” (sono i nomi di due nuovi Dicasteri).
Se volessimo cercare una cifra sintetica del pontificato di Francesco potremmo trovarla nella parola “misericordia”, che ha caratterizzato la visione di Chiesa portata avanti da un Papa proveniente dall’America latina, dove i cristiani cercano di vivere, alla luce del mistero dell’Incarnazione di Cristo e della Pasqua, il servizio concreto ai poveri e l’attenzione a quelli che Bergoglio chiama “lo scarto” della società.
Non solo i documenti magisteriali di Francesco, ma anche le sue visite apostoliche ai popoli più indigenti hanno dato l’immagine chiara di una Chiesa che riconosce il suo vero volto nella misericordia, ossia nel cuore che si china verso la miseria degli uomini. Non una Chiesa trionfalistica, che si presenta al mondo nella logica del potere, ma la Chiesa prospettata dal Concilio Vaticano II, che sceglie di vivere “dentro” il mondo, assumendone, in spirito di servizio, “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce”.
Il tema della misericordia è abbondantemente presente anche nel Magistero di Francesco, che richiama gli operatori pastorali ad essere accoglienti verso tutti, ed in particolare verso coloro che vivono una situazione complessa in campo matrimoniale e familiare. Il testo dell’ “Amoris laetitia”, da questo punto di vista è emblematico, perché ha cercato di conciliare la proclamazione della verità sul vangelo del matrimonio e la pratica della carità nei confronti di quanti si trovano in situazioni di fragilità nella loro vita coniugale e che vanno amorevolmente accompagnati e integrati.
Infine va messa in luce la sinodalità, che Francesco ha voluto imprimere a tutta la vita della Chiesa, evitando di essere un Papa accentratore o monocratico e cercando invece di dare voce a tutti, nella convinzione che ognuno può portare il proprio contributo per la buona riuscita della missione ecclesiale.
Naturalmente un tale pontificato non poteva non suscitare anche vivaci polemiche, specialmente da parte di coloro che si trincerano dietro la difesa a spada tratta delle tradizioni e rimpiangono una Chiesa che si impone con la forza della sua magnificenza anche esteriore, oltre che con un potere esercitato in modo autoritario. Costoro criticano Francesco di essere un eretico e credono che egli stia conducendo la Chiesa verso lo sfacelo. È chiaro, dunque, che Papa Francesco non è ben visto da tutti, perché all’interno della Chiesa c’è una frangia minoritaria e conservatrice che vorrebbe addirittura le sue dimissioni o che, nei casi più estremi, lo considera perfino come un Papa illegittimo.
La stragrande maggioranza delle persone però è favorevole a questo Papa, lo ama, lo reputa come un profeta del nostro tempo, capace di dare un’impronta nuova alla Chiesa e di dialogare in modo costruttivo con tutti, anche con coloro che non si riconoscono nella fede cristiana. Da questo punto di vista non possiamo che giudicare positivo il bilancio di questi dieci anni di ministero petrino di Papa Francesco, il quale sicuramente si sente come “servus servorum Dei”, all’interno di una Chiesa che è fatta unicamente di servitori e non di padroni potenti, di evangelizzatori e non di oltranzisti difensori del passato, di misericordiosi e non di custodi intransigenti di una verità che condanna impietosamente.