Pubblicato il 29 Luglio 2023 | di Redazione
0Un campo estivo è per sempre!
Tornare a Canicarao per il primo campo estivo della parrocchia San Luigi dopo il Covid, 35 anni dopo il primo campo estivo della mia vita, ha aperto con un certo impeto il cassetto dei ricordi.
E proprio lì, a Canicarao, durante la quinta Area Verde, organizzata dalla parrocchia Santa Maria Goretti, alla quale quattordicenne partecipavo perché il nostro animatore ci invitò, pur essendo io di un’altra parrocchia (sinodalità vissuta già nel 1988), scattò una scintilla.
Che non si spense, visto che nel 1993 entrai in seminario e dal 1999 sono prete.
Un campo, se non si piega alle mode del nichilismo che nega ogni forma di educazione assolutizzando divertimento, indipendenza, straordinarietà, è l’occasione per fare i conti con se stessi.
Da bambini, da adolescenti, da giovani, da adulti, a misura della propria età e secondo le proprie possibilità personali, incontrando i propri limiti, provando fatiche, vivendo fraternità gioiosa e solidarietà concreta, grazie alla possibilità che qualche giorno lontano dalla “comfort zone” di sempre ti offre.
Se poi il campo è l’esito di un cammino annuale, inserito in un progetto di ampio respiro, diventa ancor più uno strumento educativo che aiuta chi partecipa a raccogliere e rilanciare quanto sta vivendo con il suo gruppo, nella sua associazione, in parrocchia…
Strumento educativo: queste due parole implicano una relazione non tra pari, in cui c’è chi si affida liberamente all’altro fidandosi di essere rispettato e chi accoglie questo affidarsi con responsabilità e cura della libertà che gli viene consegnata.
Un campo non è gita o versione ecclesiastica di qualche villaggio vacanza che punta solo al profitto, bensì sviluppare attraverso la trama di un’intera giornata e per più giorni questa relazione, nei gesti ordinari (dal risveglio ai pranzi, dalla cura dell’igiene propria e del posto all’incontro con gli altri nelle attività, dal rispetto degli orari al riposo) che, vissuti insieme, diventano occasione per non avere più maschere davanti all’educatore e per non ridurre il proprio essere educatore a un impegno burocratico settimanale.
Insomma, il campo è l’apice della sfida educativa, per l’educatore e per chi si affida all’educatore. È la sfida poeticamente espressa nel Piccolo Principe che vede l’amore nutrirsi del tempo impiegato ad amare per amare ancor più chi è amato. È la sfida evangelica di chi ha comprato il campo dov’è nascosto un tesoro ed esce come il seminatore a seminare perché altri possano essere beneficati da tale tesoro. È la sfida di Pietro e di Gesù, in cammino di relazione l’uno con l’altro giorno per giorno, per potersi ridire ogni giorno: “Mi ami, Pietro, mi ami? Mi vuoi bene?”; “Signore, Tu sai tutto, Tu lo sai che ti voglio bene!”.
Luca Tuttobene