Politica

Pubblicato il 12 Febbraio 2024 | di Vito Piruzza

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Democrazie, Europa, diplomazia

Abbiamo sempre saputo che i regimi autoritari sono più “efficienti” rispetto a quelli democratici; la minore efficienza delle democrazie è il prezzo che si paga per la libertà. Le democrazie però devono sforzarsi di ridurre al massimo questo gap di efficienza se non vogliono che i cittadini considerino alla fine i regimi autoritari come modello virtuoso.

Quando comanda una persona sola che impone il proprio volere infatti è ovvio che le decisioni vengono prese in modo più snello e anche più lineare, quasi mai in favore del popolo, quasi mai con una logica condivisibile ma comunque con un risultato di maggiore efficienza rispetto ai fini che si vogliono perseguire, fini che ovviamente tendono alla conservazione del potere e non al perseguimento del bene comune.

Un esempio concreto lo stiamo avendo nella vicenda della guerra in Ucraina dove si confrontano un regime autoritario con le democrazie.

Non c’è dubbio che la guerra in Ucraina è un grave vulnus che tutti viviamo con grande disagio, tutti condanniamo l’aggressione di una nazione da parte di un regime autoritario, ma molti da tempo chiediamo che assieme e in contemporanea con le azioni belliche la diplomazia cominci a percorrere le strade che portino alla fine di questo dramma che attraversa l’Europa, e che dia anche un senso al sostegno in termini di armamenti.

Ebbene di questa azione diplomatica non si vede l’ombra e in compenso (si fa per dire) si sta allentando il supporto fornito dall’occidente alla nazione ucraina. Già nella falsa intervista del presidente Meloni nell’autunno scorso si era evidenziata una certa stanchezza, adesso il braccio di ferro in corso negli Stati Uniti tra conservatori e democratici sta di fatto bloccando il sostegno dato dagli Usa. Per non parlare dell’Europa che dopo essere stata praticamente inesistente dal punto di vista diplomatico, adesso subisce il veto di Orban che blocca gli aiuti che la Commissione aveva predisposto per 50 miliardi all’Ucraina, evidenziando (qualora ce ne fosse ulteriore bisogno) l’urgenza di rivedere i trattati che regolano l’Unione Europea, che sempre di più appare un gigante economico ma un nano politico.

Capisco che parlare di logica nella guerra costituisce un ossimoro perché non ci può essere nessuna logica nello scannarsi a vicenda, ma in politica estera la logica deve esercitare la propria influenza e deve guardare al di là del dibattito interno ai singoli paesi; mi sembra che in questo caso il modo in cui si stanno muovendo i paesi occidentali non ne sia un esempio.

Se invece di aumentare la pressione diplomatica in modo serio, corale e a tutti i livelli, si mette in discussione il supporto fornito per ben due anni, mi chiedo: che senso ha avuto farlo finora con costi pesantissimi in termini economici e il suo portato di distruzione e di morte?

Questi ultimi eventi infatti hanno ulteriormente motivato Putin, che tra l’altro ne trae vantaggio elettorale in vista delle elezioni che lo vedono per l’ennesima volta “unico protagonista”, confermandolo nella sua logica predatoria proprio quando sembrava messo in un angolo e rendendo ancora più complessa e difficile la prospettiva di una efficace azione diplomatica.

Dobbiamo alla fine rassegnarci a dare ragione a Vasco Rossi?

«Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha».

 


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