Vita Cristiana

Pubblicato il 23 Marzo 2024 | di Emanuele Occhipinti

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Cristiani sotto la croce

Cristiani sotto la croce non è un articolo di quelli informativi o la cronaca della Via Crucis cittadina “Cammini di speranza sui passi di Cristo”. È un compendio di vita cristiana con la particolarità che è nato dalla base: da quanti cioè, laici singoli o associati, hanno provato a commentare le stazioni della Via Crucis, mettendo nelle loro risonanze lo spaccato della loro esistenza o la ministerialità del loro servizio alla Chiesa e al mondo: “testimonianze di vita che brillano di speranza” e che non nascondono il male del mondo. Mi appare come la risposta alla domanda esistenziale di sempre: Che significa essere cristiani? Cosa trovo ai piedi della croce? Di cosa si alimenta la mia fede in Gesù morto e risorto? Il tentativo, al di là delle mie fonti e della riuscita, ha una valenza culturale perché la fede cristiana si esprime dentro la vita quotidiana e quindi dentro la cultura o, meglio, le culture. C’è sempre bisogno di confermarci, di ripassare o di imparare atteggiamenti, comportamenti e sentimenti; poiché, se l’emozione è un fatto di chimica, i sentimenti sono un fatto culturale che la fede cristiana modella e ispira.

Sotto la croce, perché la croce non è il patibolo dei cristiani, lo sfortunato epilogo della loro esistenza, ma è “la fontana della carità e la sorgente della fede” che hanno una relazione di circolarità con la speranza. Ora la speranza non è l’inguaribile ottimismo che tutte le cose andranno bene, benché essa sia “audace e faccia vedere oltre la paura e lo sconforto”. Essa “consiste nel sapere che Dio vive”. E se Dio vive non possiamo non lasciarci contaminare da Lui, non possiamo cambiare prospettiva ed accogliere la “vita nuova inaugurata da Gesù”.

Mi colpisce subito la prospettiva della vita nuova perché non è una vita alienata, fuori dal mondo, in mistiche visioni e pratiche religiose, magari frutto di robuste spiritualità. No, è una vita che ha “i piedi bene per terra”, “che sente l’asprezza e la vitalità delle stagioni”, che cammina incontrando “mendicanti, ciechi, malati, tristi e disperati”; insomma che cammina con l’umanità e la incontra e non di rado ponendosi a fianco. E può succedere che dietro lo sguardo di due volontari scompare tristezza e sconforto e si “revoca un’ingiusta condanna alla morte” oppure si trovi nella morte la vita per altre persone, gesto che cancella l’indifferenza e fa germogliare duratura solidarietà. Indifferenza e pregiudizi uccidono: anche noi cristiani ne siamo pieni! È più forte di noi: gli stranieri! gli omosessuali! i disabili! Ma laddove, dallo sterco della cattiveria, nasce il seme dell’accoglienza, si ritrova la “chiave che permette di aprire le porte del futuro”. Solo la compassione ci permette di “saper restare nella sofferenza degli altri”: e da qui nasce il servizio della carità.

Si passa, allora, dalla sciatteria del “cristiano della domenica”, talvolta inconsapevole portatore di contro-testimonianza evangelica, al  cristiano adulto capace di rendere ragione della propria fede. E spesso il dolore e la malattia sono il modo come Cristo si fa conoscere, ci chiama o ci ri-chiama. Nella libertà, poiché Cristo ci fa liberi: liberi di scegliere la vita o la morte, liberi di dare la vita o la morte, “liberi dalla dipendenza dalle ricchezze di questo mondo”, capaci di donare rispetto, bene-dire e promuovere dignità. La vita in Cristo non è esente da cadute: c’è la notte della fede, terribile, che colpisce anche i santi, nella quale gridiamo: “dove sei mio Dio?”. C’è il buio della malattia, esperienza universale, nel quale protestiamo “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. La potenza di Dio non cancella le buie avversità: Egli è, per quanti hanno la grazia di accoglierlo, la luce che si vede in fondo ad un tunnel in cui le nostre esistenze, per natura, possono incanalarsi. Ma “guardando il crocifisso mi ritrovo a guardare tutto con i suoi occhi” fino al punto da conformarsi così tanto a Lui da non esitare a donare la propria vita per salvare quella degli altri.

Cristiani sotto la croce “è tempo di silenzio orante e oblativo, è attesa ma anche preludio di resurrezione”. È vita nuova da abbracciare con la gioia per aver trovato il sepolcro vuoto.

 


Autore

Laureato in Scienze Economiche e Bancarie presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, lavora dal 1990 presso Banca Agricola Popolare di Ragusa, dove attualmente dirige il Mercato Imprese. E’ impegnato nell’associazionismo e nel volontariato nazionale ed internazionale, settori per i quali svolge anche il ruolo di formatore. Già presidente diocesano di Azione Cattolica, è, in atto, Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi di Ragusa e vicepresidente Unitalsi Ragusa.



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