Politica

Pubblicato il 18 Maggio 2015 | di Lettera in Redazione

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QUELLO CHE IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NON DICE

Riceviamo dal professor Giuliano Ottaviano (presidente UCIIM Ragusa), e volentieri pubblichiamo, la sua lettera di risposta a quella inviata dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi a tutti i Docenti della scuola italiana

Gentilissimo Presidente del Consiglio,

sono un Docente della scuola secondaria di secondo grado – in cui insegno da quattordici anni – e scrivo in merito della lettera da Lei inviata via email in data 13/05/2015 e dopo avere visionato integralmente il video da Lei postato su youtube circa il ddl “La buona Scuola”.

Inizio subito dal dire che, ovviamente, così come da Lei presentate nel suo video le cose non possono che essere condivise: chi non concorda nel dire che la scuola è l’ossatura del Paese e va valorizzata per una crescita culturale e di civiltà prima ancora che economica? Chi non concorderebbe nell’affermare che il prestigio dell’Istituzione Scolastica negli ultimi anni è stato completamente offuscato? Chi può avere da ridire sul finanziamento all’edilizia scolastica (ma è questo poi un argomento che riguarda la riforma)? È vero, su questo non possiamo che essere tutti concordi, ma ci sono dei ma, e molti, nel merito e nel metodo.

Gentilissimo Presidente, ho assistito alla sua lezione alla lavagna, lo schema va bene ma una lezione che si rispetti deve fare ragionare, deve porre delle domande, deve innescare dei meccanismi per cui ci si chiede “perché?” e su questo spingere gli studenti a ragionare, porsi delle domande e trovare (anche, se possibile) delle risposte… la sua lezione è stata forse, mi conceda, un po’ troppo dogmatica, così mi permetto di porre io qualche domanda, anche se, francamente, non mi aspetto di ricevere risposta dato che alle precedenti emails a Lei indirizzate è seguito il vuoto.

Innanzitutto una prima considerazione iniziale, e la prima domanda, riguardano ovviamente le coperture economiche che Lei dice di mettere a disposizione della scuola: essendo il nostro Contratto Collettivo Nazionale scaduto e non rinnovato da anni (l’ultimo è stato stipulato per il periodo 2006-2009), quale fiducia può avere un lavoratore in un datore di lavoro che omette la contrattazione e anzi legifera per bloccare ed eludere i tavoli contrattuali? Le risorse per i Docenti, se davvero ci sono, non è più opportuno che vengano dapprima utilizzate per sbloccare le contrattazioni e che anche le eventuali premialità e valutazioni siano gestite con tutta la rappresentanza del mondo della scuola, sul tavolo unico e solo che ha valore di rappresentanza e cioè quello della contrattazione nazionale?

Altra interessante (a mio modo di vedere) domanda che ne porta con se tante altre: Lei dice di volere valorizzare un certo insieme di discipline che costituiscono –a buona ragione- il capitale culturale del nostro Paese e che cita (musica, storia dell’arte, latino e tutte quelle che vorremo aggiungere) ma mi chiedo, nell’ambito di quale quadro orario, quello della riforma Gelmini che ha ridotto il monte orario a 30 / 32 ore settimanali mutilando la gran parte degli insegnamenti? Leveremo ulteriormente ore alle discipline già mortificate dal Ministro Gelmini o ammetteremo che quella riforma è stata un disastro reintroducendo un numero congruo di ore nei quadri orari, ripristinando anche quelle eliminate dalla precedente riforma? O lasceremo le 30/ 32 ore settimanali riportando la durata delle ore a 45’-50’ per fare posto ad altre discipline? Ovvero introdurremo delle ore in più di pomeriggio per ampliare l’offerta formativa? È così sicuro che i ragazzi verranno di pomeriggio per seguire ulteriori insegnamenti oltre a quelli che seguono di mattina? E quanto tempo dedicheranno complessivamente allo studio se saranno impegnati a venire a scuola anche il pomeriggio?

Inoltre, Lei parla di stabilità e di integrazione: mi spiega cortesemente in che cosa un contratto triennale su una scuola o –peggio- su una rete di scuole, garantisca maggiore stabilità rispetto ad un contratto a tempo indeterminato su un solo Istituto? In quale modo l’eliminazione delle graduatorie sarebbe un vantaggio per la gestione della scuola? Certo, il sistema di reclutamento va rivisto e bisogna tornare ai concorsi, ma la discrezionalità di scelta del Dirigente come sarebbe conciliabile con i risultati ed i punteggi ottenuti nei concorsi stessi? Ed essendo i Docenti impiegati dello Stato, questo modus operandi non causerebbe disparità di trattamento con le altre categorie da esso dipendenti? Ed inoltre, non sarebbe anche qui il caso di dire che tutti i Colleghi Precari discendono dal licenziamento di massa effettuato dalla sig.ra Gelmini con la sua riforma e con il drastico taglio operato sul monte ore? Ed anche, sempre riguardo ai “tagli sugli organici” subiti dalla scuola, non sarebbe molto più onesto ammettere che fare classi con 30/32 studenti (numero possibilmente comprendente uno o due portatori di handicap e studenti con “bisogni educativi speciali”) sia stato un errore e che le classi per potere lavorare bene devono essere di 20-24 studenti al massimo? Mi dispiace constatare che il numero di Docenti che si pensa di assumere sia ancora inferiore a quello che la Corte di Giustizia Europea ha imposto di riassumere, anche se Lei nega che tutto questo derivi dal pronunciamento della Corte Europea; dobbiamo forse pensare che l’escamotage della triennalizzazione dei contratti sia un tentativo di eludere per il futuro ulteriori analoghi pronunciamenti? E inoltre dal punto di vista della democrazia e della partecipazione quale dimensione educativa e quale collegialità sono perseguibili in una scuola così verticistica in cui il Dirigente ed un ristretto gruppo di nominati (non si sa in quale modo e soprattutto per quali competenze) valutano (non si sa con quali criteri) l’operato dei Docenti? Forse saremo anche noi Docenti valutati con i test a risposta multipla uguali per tutti preparati dall’INVALSI senza tenere conto delle effettive situazioni iniziali dei singoli studenti e delle classi? Non andrebbe forse qui ricordata la libertà di insegnamento sancita dall’art. 33 della nostra Costituzione?

Ed inoltre, caro Presidente del Consiglio, abbia la correttezza di dire che sì, verrà data una card di 500€ annui per ogni Docente, ma che al contempo verranno introdotte 50 ore di formazione obbligatoria (a dire il vero la formazione in servizio l’abbiamo sempre fatta, ma questa obbligatorietà con un incentivo di “ben” 10€ l’ora, mi sembra un’elemosina un po’ offensiva…).

Abbiamo sempre lavorato affinché la scuola potesse essere una comunità educante, inclusiva con al centro la relazione educativa: in essa sono coinvolti gli Studenti, ovviamente, i Docenti, le Famiglie, ed anche i Dirigenti ed il personale ATA perché tutti sono parte di questa comunità. Relazione, relazionarsi, gentile Presidente, presume l’esistenza di più soggetti, tutti in ascolto fra di loro e che in qualche modo si confrontano e, pur nella disparità di ruoli (ebbene sì, quella educativa è una relazione asimmetrica!) si riconoscono nella pari dignità e collaborino per il raggiungimento di un obbiettivo comune. Mi chiedo, e questa è l’ultima domanda con cui la lascio, caro sig. Presidente, dove stiano in questa scuola che Lei prospetta lo spazio per la crescita, la cittadinanza, la relazione educativa, il confronto.

Distinti saluti

Prof. Giuliano Ottaviano




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