Emanuele Giudice

Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione

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Il comico che veste i panni del politico

Di fronte alla profonda e lacerante crisi che il Paese attraversa, non mancano i pirati delle emozioni che muovono la voce, il gesto, la mimica, per moltiplicare le reazioni del pubblico a cui si rivolgono. Grillo è uno di questi. Generalmente le cose che dice e le denunce che fa, io le condivido in pieno. Ma non riesco a liberarmi dal fastidio che mi danno i toni, le iperboli, il gridare scomposto e ripetuto, i gesti da clown populista che fende l’aria con le parole, in assenza di argomenti che oggi proprio non mancano.

È un coro da tragedia greca quello che ascoltiamo ogni giorno. Monotono, tetro, pronto a narrarci sciagure e altre sciagure in serie. Nel teatro antico che trovava nella Grecia la sua radice, al coro era affidata l’incombenza di annunciare gli avvenimenti più devastanti. Il teatro era la sede più appropriata per suscitare emozioni nella platea degli spettatori. Ma le emozioni erano dirette a stimolare la riflessione sulla vita e sulle sue contraddizioni e dolori. Ora pare che non sia più così, le emozioni paiono funzionali all’ appagamento di chi le suscita.

Spesso ho la sensazione del vuoto, di un volatile farneticare governato da una rabbia incontinente, di un tentativo di inglobare tutto e tutti in una sorta di “crepi Sansone con tutti i Filistei”.  Davvero la ripetizione delle parole non garantisce la loro efficacia.

Mi aspetto, l’idea, il programma, la proposta: sulla scuola, sulla sanità, sulla riforma delle istituzioni e della Costituzione, sul lavoro e l’occupazione, sulla politica estera e l’Europa, sull’euro. Al di là delle cateratte di parole, io vedo l’espansione pneumatica del nulla, una pirotecnia che affascina sul momento, ma immediatamente sparisce come i fiori e le cascate di fuochi pirotecnici.

Su quest’ultimo punto dell’euro ho sentito un possibilismo negativo insensato e primitivo nel suo pressappochismo. Che si esca pure dall’euro, e la si finisca con i diktat dei burocrati Bruxelles, poi si vedrà. Si vedrà che cosa? Lo sa Grillo cosa significherebbe l’uscita dall’euro per tutti noi? Significherebbe tornare alla vecchia lira, ma svalutata di almeno il trenta per cento del suo valore, pur rimanendo sempre in competizione con l’euro degli altri paesi europei in cui esso rimarrebbe in circolazione, nonché con quelle delle altre aree del mondo. Ma con quali conseguenze? Quanto varrebbe la lira sui mercati finanziari e dell’economia globale, sia europei che mondiali, cioè nei confronti del dollaro, dello yen e delle altre monete del pianeta?

Ho letto che verrebbe a un tratto pressoché ridotto di un terzo il valore della nostra moneta, cosa che, per chi ne ha poca e vive a reddito fisso, significa l’abisso. Se hai diecimila euro in banca, improvvisamente il loro valore si ridurrebbe a settemila.

Grillo parla anche della mafia e anche qui si casca dalle nuvole a sentirlo. Dice (a Palermo, presentando alle elezioni amministrative del maggio 2012 il candidato Riccardo Nuti) che «la mafia non ha mai strangolato le proprie vittime, i propri clienti, si limita a pretendere il pizzo». Davvero? E Falcone, Borsellino, Chinnici, Pio La Torre, Mattarella, e il piccolo Di Matteo strangolato e poi sciolto nell’acido, e tutti gli altri che non elenco per ragioni di spazio?

Dio ci guardi dai manipolatori di emozioni e dai predicatori di sermoni populisti. Meglio tenerci i comici, che, quando hanno la verve e l’intelligenza di Grillo, sono molto utili per distrarci dai molti affanni quotidiani. E anche per farci riflettere.


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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