Emanuele Giudice

Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione

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La vita a rate di una generazione disillusa e frustrata

La politica sembra ammutolita, afona e ferma, nonostante le usuali dichiarazioni dei suoi vertici davanti alla novità del governo Monti. C’è un disagio che è nella società civile e si riflette nella vita. Esso trova la sua controfaccia proprio nella politica, dove si rifrange come in uno specchio.
Intanto, fuori dalle stanze del potere, bivacca nel provvisorio una generazione disillusa e frustrata, stanca di rifugiarsi nel suo silenzio dolente, dove covano i risentimenti e i rancori dell’esclusione.

I giovani non bussano più alle porte della politica, perché non coltivano più illusioni e hanno rinunciato anche a sognare. Preferiscono chiudersi nel guscio della rinunzia e fuggire da una realtà nemica. Guardano ormai alla politica come a
un mondo altro che li espropria del futuro, a una cabala cifrata, astrusa e lontana, perciò inattendibile e da rimuovere per la sua incapacità di cogliere le domande della parte più viva dal paese. È alla ribalta una
generazione che vede la politica con gli occhi della disaffezione e della diffidenza. Fugge perfino dalla protesta, rinunzia al grido e alla rivendicazione, per rifugiarsi nel silenzio di una solitudine amara e tragica, destinata a pesare come un’ipoteca inamovibile sul dopo.
Preferisce starsene rinchiusa nelle sue spinose statistiche, in quel 30 per cento ormai inamovibile di disoccupati,
gonfiato da altre dolorose aggiunte di disoccupati, precari, ed occupati a rate. Oppure depressa davanti alle statistiche ancora più devastanti che riguardano il Sud, dove le percentuali sfiorano, o oltrepassano il cinquanta per cento. Di fronte ha avuto sinora una classe politica e di governo distratta, chiusa nei suoi teatrini e nei suoi riti, o
inchiodata alle sue spensierate amnesie. È una generazione stanca e nauseata per aver passato una parte cospicua della propria giovinezza assistendo alle irruzioni continue sui teleschermi di un Capo che proclamava inesistente la crisi, negava il disagio sociale e il dramma con la motivazione tra il cinico e il deprimente che i cinema, i ristoranti e le discoteche erano pieni, e negli aerei si faticava a trovar posto. È una disinvoltura spudorata che si esprime nella fuga dai problemi vivi del Paese, si alimenta di ignoranza, si adagia nella menzogna di una disinformazione agghiacciante e deprimente.

Si è tentato di drogare il Paese, coinvolgendolo in un viaggio interstellare, fantastico, allettante, quanto ingannevole e vacuo.

Purtroppo il dramma su cui si é chiuso finalmente il sipario, non è finito con il ritiro di Berlusconi, continua in noi, nel berlusconismo come cultura che ha contagiato e contaminato le energie migliori del paese, costringendole ad entrare in un mondo falso di cartapesta e di luci psichedeliche.

Di fronte alla fine di un epoca, si stagliano ancora davanti a noi nel ricordo, aggressivi e odiosi, certi usuali spropositi televisivi. Come quelli di quell’alieno di Vittorio Feltri, direttore di un giornale della “famiglia”,
che, con piglio beffardo e sprezzante consigliava, alcune sere fa’ ai giovani disoccupati di andare in campagna a
raccoglier pomodori; come dire che la disoccupazione è un’invenzione della sinistra dei nati stanchi e degli
sfaticati per natura o inclinazione. Portatore anch’egli di quell’adagio liquido e inconsistente, che é il marchio di
una destra decadente e immobile, buona solo a catturare qualche labile attenzione nell’animo di vecchie massaie.

Questo è invece il momento di sentirsi uniti e solidali con la grande maggioranza del Paese, che non rinuncia alla speranza, affidandola ancora una volta alla politica. Specie in un momento in cui comincia la sua opera un
nuovo governo affidato alla perizia e alla passione di una persona come Mario Monti, che non è un uomo delle banche, come frettolosamente e ingenerosamente catalogato da certi epigoni mentalmente fiacchi di una sinistra oltranzista, ma un uomo che nella politica porta la severità dello studioso, il disinteresse personale, l’entusiasmo e la passione che sono i contrassegni di ogni servizio alla comunità. Tutto ciò nell’auspicio che si riesca a chiudere una stagione affidata alle virtù “salvifiche” delle finzioni mediatiche, dell’imbonimento sistematico e della finzione strumentali alla estorsione del consenso, per aprirne un’altra nel segno della speranza, della fiducia e della serietà.


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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