Emanuele Giudice

Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione

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La vita, la morte, il nucleare

Di fronte a una tragedia spaventosa e devastante come quella che ha colpito il Giappone col terremoto e il successivo tsumani, appare stupefacente, per qualche aspetto anche cinico,  l’ottimismo di maniera di qualche esponente del governo che, paludato di una prudenza incongrua, annuncia una pausa di riflessione.

C’era un imbarazzo malcelato nelle parole del ministro dello sviluppo economico Romani, costretto, di fronte agli avvenimenti giapponesi, a ingranare la marcia indietro dopo gli entusiasmi nuclearisti del governo che lo avevano indotto ad inserire il nucleare nel proprio programma e in quello dei governi futuri, tenuto conto che i tempi di attuazione di calcolano a decenni. Meglio tardi che mai comunque, potremmo dire di Romani, anche se non si può non segnalare la disinvoltura di chi aveva fatto del nucleare il cavallo di battaglia del nostro futuro sviluppo e ora è costretto dagli avvenimenti a buttare acqua sul fuoco. Di Romani come di Scajola, conosciamo a memoria la tiritera; che l’Italia non dispone di fonti energetiche alternative; che il fotovoltaico, l’eolico, etc, non bastano a garantire il fabbisogno nazionale di energia; che ai nostri confini alpini, la Francia e la Svizzera hanno schierato in una fila molto lunga i loro impianti nucleari, e dunque noi, si faccia o no il nostro nucleare domestico, saremmo sempre a rischio. Come dire che quando il rischio esiste, aumentarlo non ha alcuna importanza. Un ragionamento tra il cinico e l’irresponsabile, come quello di chi dicesse che, essendo noi tutti destinati a morire, non ha importanza giocare col fuoco o con la dinamite. Tanto, in modo o nell’altro, prima o dopo, moriremo tutti.

Nessuno ci spiega quali sarebbero i costi degli impianti confrontandoli con i benefici che se ne ricaverebbero, quali i  loro tempi di attuazione, e soprattutto come si farebbe a eliminare le scorie radioattive.

Sul tema poi che l’Italia, come il Giappone, è un paese ad alto rischio sismico, si registra altra reticenza o qualche imbarazzato balbettio, rispondendo con l’ottimismo gaudente di chi assicura, vestendo i panni dello scienziato (o dello scientista?) che gli impianti di ultima generazione garantiscono grandi condizioni di sicurezza. Grandi, non assolute. Come è avvenuto in Giappone, dove si sbandie-ravano, con orgogliosa sicumera nazionalista, sistemi di sicurezza di ultima generazione a prova di terremoto, col risultato che ora è sotto i nostri occhi. La lezione del Giappone sta proprio nel fatto che, tenuto conto del forte rischio sismico di quel paese, si indugiava a magnificare la grande tecnologia giapponese, ammirata e decantata in tutto il mondo, che avrebbe preservato da ogni pericolo radioattivo. I risultati di questo allegro saltellare sul fuoco brutalmente ci aggrediscono ora con la loro evidenza.

In Italia ci trastulliamo da gran tempo con un modo  di ragionare a sottofondo ideologico: il bando al nucleare è il tema caro alla sinistra, la scelta del nucleare è inclinazione prevalente della destra. La verità viene tagliata col coltello, da una parte i buoni industrialisti amanti del profitto, mascherato dalla previsione allettante di uno sviluppo senza limiti, dall’altro i cattivi sognatori di catastrofi che si oppongono al nucleare. Come se con questi prevedibili rischi devastanti si potessero alimentare i giochetti di parole, a destra come a sinistra. Dimenticando che la posta in gioco è ben altra, e si chiama vita o morte. Salvaguardia dell’esistente o devastazione totale e pressoché irreversibile.


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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