Emanuele Giudice

Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione

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Un Paese tra le nuvole anestetizzato e fuori dalla storia

Questo in cui viviamo è  un paese che sta fuori dalla sua storia e anche dalla sua cronaca, che vive in una sorta di anestesia rispetto agli avvenimenti che vi accadono. C’è in giro una rassegnata indolenza, un vivere al di là, un porsi fuori o un tirarsi fuori, nello spazio amorfo dell’indifferenza, adottando il modulo tanto diffuso del tira a campà, che d’altronde ci è stato attribuito come timbro identitario.

Se guardi l’intervista televisiva fatta alla massaia al mercato, ti cadono le braccia. «È simpatico, cordiale, alla mano, lo vogliono far fuori ingiustamente…, non lo lasciano lavorare…». Guai ad approfondire il tema, se insisti chiedendo chi lo vuol far fuori, la risposta è univoca: i comunisti. Non ci sono altri nemici. I comunisti. Chi sono, dove sono, perché vogliono farlo fuori? Silenzio, oppure: «Sa io non mi interesso di politica, d’altronde, sa che le dico? sono tutti uguali…». Già, sono tutti uguali. «Ha seguito la storia di Ruby, la minorenne marocchina, e del via vai di ragazze, anche minorenni, a Villa Certosa e a palazzo Grazioli? Che ne pensa?». «Sono vicende private, io non mi interesso dei fatti degli altri», «Ma è il Presidente del Consiglio…», «E già…». Muore il discorso. Amen, così sia, anzi così è.

Gli oracoli televisivi hanno già ammannito le loro versioni dei fatti, prudenti, accorte, felpate, edulcorate, vestite di apparente obiettività. E poi ha parlato lui, dagli schermi delle sue televisioni e da quelle che lui controlla, cinque minuti fitti, per dirsi innocente, vittima di un raggiro, di un complotto o congiura che sia, è una campagna mediatica contro di me, non è vero niente… Basta con questa cagnara…Figurarsi, se è vero…! È bravo nel parlarsi addosso e nell’autoassolversi, come davanti a uno specchio, o come un disco rotto che ripete la stessa cantilena. Niente contraddittorio, niente domande, niente spiegazioni. Sono innocente e basta. Lo dico io, non al magistrato, ma al popolo che mi ha eletto. Un’autodifesa gratuita e anche sfacciata. Il popolo è con me. Vogliono ribaltare il verdetto popolare e farmi fuori, questo vogliono. Fa la vittima, e ritiene di saperla fare nel teatrino della politica, quello che dice di aborrire, ma poi lo mette in pratica da attore consumato.

Ma qui c’è la cloaca, la corte del satrapo orientale, il palazzo da basso impero con schiere di prosseneti, o ruffiani che dir si voglia, di escort e cortigiani, di gaudenti d’ogni risma, e le compravendite di deputati e voti, la contiguità con le mafie, il giro vorticoso del dare-avere, il parlar di famiglia mentre si frequentano prostitute… Che facciamo, taciamo? Facciamo i sordomuti per dabbenaggine o a pagamento?

Ma lo vogliamo sfogliare un libro di storia del Paese, magari quello di scuola media del figlio o del nipote, per cercare, senza trovarlo, un caso analogo, un confronto plausibile, un riscontro anche minimo e lontano? Dobbiamo sfogliare fino alle pagine della decadenza dell’Impero romano per trovare un barlume, un caso analogo: Nerone, Tiberio, Caligola, Eliogabalo, per consolarci alla fine con Romolo Augustolo, il quale, poveretto, era solo un uomo insignificante, che chiuse la stagione degli imperatori. È a lui che dobbiamo guardare come esempio, sperando che il nostro lo imiti.

Siamo ora alla farsa che conclude il dramma, aspettiamo solo che cali il sipario e cominci il nuovo capitolo, quello in cui si parla finalmente dei problemi del Paese, i giovani, la disoccupazione, le tasse, i servizi, le pensioni e il resto.


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



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