Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione
0Fatti inquietanti, nuove filosofie, logiche tribali
Cos’è che cambia e si diversifica, rispetto al passato, nei nostri comportamenti attuali? Tutto ora sembra ossificato in forme immutabili, avvitato su se stesso e restio ad ogni pur minimo procedere verso altre modalità di pensare o di agire.
Io non voglio cedere al pessimismo di maniera di coloro che indugiano o sonnecchiano nella lode dei tempi passati demonizzando il presente cacciandolo in un rifiuto aprioristico. Non piango di fronte al bicchiere rotto, ne prendo un altro senza attardarmi nel rimpianto. Anche se constato che oggi i bicchieri si rompono con più frequenza.
Però qui il problema pare essere un altro. Quello di percepire, dolorosamente, l’incedere ostinato e caparbio di fatti e parole che esprimono pensieri, inclinazioni, umori, più deprimenti e inquietanti rispetto al passato.
Cito tre esempi tratti dalla cronaca recente.
Il ministro Scajola, costretto a dimettersi a seguito di uno scandalo relativo all’acquisto di una casa di pregio antistante al Colosseo al prezzo di 1.700.000 euro, di cui 900 mila elargiti per generosità pelosa dall’imprenditore Anemone, dichiara con un “candore” stupefacente e ilare che lui, se avesse saputo che uno gli elargisce una somma così cospicua, si sarebbe trovato in forte imbarazzo, data la carica che ricopriva. Capito? Non si era accorto del dono… Pensate: qualcuno quasi vi regala una casa di enorme pregio a vostra insaputa. Ride tutta la platea degli italiani, ma lui resta serio e compunto.
Questo Scajola era ministro dello sviluppo economico circa cinque mesi fa, quando rassegnò le dimissioni. Tuttora non è stato ancora sostituito, con grave danno per il Paese, data la perdurante recessione economica che richiederebbe d’esser governata da un ministro a tempo pieno. Come mai non si è ancora provveduto alla sostituzione? Eppure, in fatto di rapidità, il governo ci aveva dato esempi eclatanti: un paio di mesi fa venne nominato ministro con la velocità di un fulmine un certo Brancher, noto esponente della P/3, senza neanche saper dire agli italiani quali fossero le sue incombenze, dato che era un ministro senza portafoglio. In realtà non era facile confessare che il Brancher era stato nominato ministro per consentirgli di invocare il legittimo impedimento – previsto da una putida leggina berlusconiana – in modo da poter assentarsi all’udienza di un processo in cui era imputato.
Un certo deputato del Pdl che si chiama Stracquadaino, noto per la sua devozione bigotta verso il capo, di fronte all’esplodere di una vicenda maleodorante di scambi scellerati tra benefici politici ed elargizioni sessuali usate come tangenti, se ne è uscito con una dichiarazione che sarebbe disarmante se non fosse furba e dozzinale, tratta direttamente dalla cultura dei lupanari. “Non c’è nulla di male nell’usare il proprio corpo come merce di scambio politico”. Così. Con una sfrontatezza apicale. C’è una logica tribale nel tentativo di nobilizzare il baratto, non il commercio che resta un’arte nobile in sé, ma il baratto, ripeto, quello scambio cioè di cose, e anche di persone, che caratterizzò i rapporti umani nell’era delle caverne. E c’è anche il tentativo pecoreccio di conquistarsi l’applauso di qualche refuso d’osteria incline ai linguaggi espliciti del pagare per avere qualcosa, anche in materia sessuale, trasferendo di peso le logiche del lupanare nella politica.
L’ultimo da citare è un tale Michele Pagano, non lo chiamo deputato, meno che mai onorevole; è solo uno che occupa un seggio in Parlamento per conto dell’Udc della Campania. Ha dichiarato, pacioso, lieve e vacuo come una bolla di sapone: “Sto nell’Udc, tratto con il Pd, e forse voto per il Pdl…”. Non si capisce solo l’avverbio “forse”. Perché forse? Non tentenni caro Pagano. Lei ha l’inclinazione buonista di accontentare tutti, un abbraccio a Tizio, un bacio sulla guancia a Filano, una pacca sulla spalla a Sempronio, un voto a ciascuno, ma a turno, evitando la ressa e il possibile litigio.
Non vale cavarne fuori l’esortazione morale, come nelle favole di Fedro. È tutto troppo chiaro e non esige spiegazione.
Va solo narrato, e parla da sé.