Emanuele Giudice

Pubblicato il 26 Novembre 2015 | di Redazione

0

Recuperare il sogno guardando oltre la cloaca

Siamo di nuovo, dopo la desolazione delle luci rosse di palazzo Grazioli e villa Certosa, davanti al barbaglio di altre luci rosse, di fronte ad altra melma che invade la Protezione civile con scambi innominabili. Il più turpe dei quali attiene alla donna ridotta a merce, “bustarella” o “banconota”, mezzo per pagare affari loschi, lucrati all’ombra di presunte emergenze che consentono di rimuovere regole, saltare adempimenti e procedere per decreti e ordinanze.

Emergenza non è solo il terremoto, la frana, l’inondazione,l’immondizia. È molto di più. I campionati mondiali di nuoto, il G/8 alla Maddalena, perfino eventi religiosi, tutte cose sapute con largo anticipo e invece interpretate come urgenze per saltare gli inghippi burocratici, aprendo la stura a un giro vorticoso e inverecondo di tangenti e scambi di posti, di donne, di favori messi in piedi da gente che rideva esultante alla notizia dell’appalto, mentre all’Aquila la gente piangeva e moriva. Mentre noi rabbrividiamo, altri rivendicano a loro merito un efficientismo come titolo di merito del governo, mentre era solo un grimaldello in mani di ladri, di corrotti e corruttori.
Tutto ciò non può essere liquidato con la solita giaculatoria della persecuzione e del complotto orditi ogni volta da magistrati dementi e “comunisti” efferati intenti a demolire coi processi mediatici, persone dabbene. Tutti abbiamo apprezzato il lavoro di Bertolaso, definito l’uomo delle grandi emergenze. Ora ci viene rivelato però che l’emergenza è stato un elastico estensibile a dismisura per favorire amici, clienti, ruffiani baldanzosi, arrampicatori sociali, nonché per sistemare figli, cognati e amici degli amici. Sappiamo della presunzione di innocenza, del diritto al processo, della verità da accertare in tempi adeguati, ma intanto sentiamo che ciò che è fango è fango, la quantità e la densità la sapremo dopo.
Non rubano neppure per il partito, ma per mettere in tasca il malloppo, che è denaro nostro, perché se un’opera pubblica costa il doppio, questo di più lo paghiamo noi in termini di maggiori tasse. Vedo, nell’apposito modulo della mia pensione che il lordo è maggiorato di una somma mensile rilevante. In essa è compresa anche la maggiore spesa che lo Stato sostiene per pagare la corruzione. La fa pagare a me e a voi. Mettono le mani nel nostro portafogli per coprire i latrocini. Capite?
Di fronte a questo mare puzzolente che avanza e sommerge tutto, c’è un Paese intorpidito, abulico, disincantato, che finisce per rimuovere tutto in una reazione indistinta o silente. Hai la sensazione di essere davanti a una società che ha perduto gli anticorpi, non reagisce più, se non in parte minima e irrilevante. Le agenzie educative – famiglia, scuola, chiese, intellettuali –  appaiono ingessate in una impotenza dolorosa. Lo stesso volontariato, tanto benemerito, più che diffondere valori, pare erogare solo servizi. C’è solo un brontolio diffuso, una ciarla rassegnata in cui la frase più ricorrente è che “sono tutti uguali”, che non val la pena di parlarne, non c’è spazio per la redenzione né per la speranza, neppure per un fievole raggio di sole sulla palude. L’unico mezzo per salvarci dalla piaga è la parificazione dei comportamenti e delle responsabilità, il mettere tutto nella stessa pentola e lasciarla sul fuoco finché tutto bruci. In pratica assolvendo tutti.
Ma davvero sono tutti uguali? Destra, sinistra, centro…? C’è solo una inclinazione a mandare all’inferno tutti, finendo con l’assolverli nei fatti, un autolesionismo che rischia di trasformarsi in cinismo. Perché non è vero che tutti sono uguali, è vero l’esatto contrario, che sono disuguali, diversi nelle responsabilità e graduabili secondo una gerarchia di colpe. Per questo dire che sono uguali è una menzogna che come cristiani e come uomini non possiamo permetterci. Il primo dovere è quello di dire la verità, di pesare ogni cosa, per poi emettere un giudizio. Il qualunquismo dell’unico fascio d’erba è indice solo di una stanchezza e di una superficiale volontà di rimozione del fango che, oltre ad essere ingiusta, non serve a nulla.
È vero che la fogna si è aperta dappertutto, a destra, a sinistra, al centro. Ma le fogne sono diverse e più o meno maleodoranti. Ed è anche diverso il modo di reagire di fronte al rivelarsi del loro luridume.
Che fare? Recuperare la nostra capacità di sognare, di guardare oltre la cloaca, di usare anche la frusta, quella del voto, per ribellarci, per tornare a indignarci. Infine per mandare a casa tutti, i ladri, i corrotti, i collusi, i tangentari. Di destra, di sinistra di centro. Tutti.


Autore

"Insieme" esce col n° 0 l'8 dicembre del 1984. Da allora la redazione è stata la "casa di formazione" per tanti giovani che hanno collaborato con passione ed impegno.



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna Su ↑