Società

Pubblicato il 21 Aprile 2013 | di Andrea G.G. Parasiliti

Scoprirsi fratelli a New Orleans

Scrivere di una esperienza propria equivale, in un certo senso, a riviverla… E molte esperienze si vivono talvolta per potersele ricordare. I ricordi, direbbe Gesualdo Bufalino, sono degli animali pericolosi che solo addomestica chi li racconta. Perché ciò gli toglie il veleno… Detto questo iniziamo.

New Orleans non è una comune città americana. Ci troviamo nel Sud, lungo il Mississipi e il Golfo del Messico. Si parla di una città dai tratti francesi, con tanto di French Quarter, Bourbon Street e Frenchman Street. Ma nessuno ormai parla francese…

Arrivato all’aereoporto Louis Armstrong di New Orleans in piena notte, trovo lì ad attendermi Bill, un gentile professore sulla sessantina che mi aspettava per portarmi all’interno del Campus. L’università di New Orleans è giù per Elysian Fields (esatta traduzione dei francesi Champs Èlyséès). Giunto di fronte a Pontchartrain Hall North, ovvero al luogo dove avrei vissuto i mesi di marzo e aprile, provai solo sgomento e un profondo senso di pentimento… «Ho sbagliato, pensai, la prossima volta resto a Milano…» D’altra parte il vero errore è arrivare alle 2 di notte in un posto sconosciuto.

Tuttavia è stato meglio così… Infatti l’indomattina, smarrito nella portineria del collegio, chiedevo informazioni a qualunque studente riuscissi a fermare, per farmi spiegare come raggiungere l’Educational Center, l’edificio delle lezioni… Finché uno strano ragazzo saudita di Riyadh mi disse di seguirlo. Dopo un po’ capii che egli sarebbe stato un mio compagno di corso e financo divenuto un amico fraterno.

Si chiama Feezee. Avevo dormito quattro ore e non avevo potuto fare colazione. Mi offrì i suoi biscotti e da sconosciuti dividemmo il suo pasto mattutino. In seguito Feezee mi avrebbe detto sempre così: «No problem, man, we are brothers… Just ask, I can help you» come a dire «non ti preoccupare mai di niente, amico mio… siamo fratelli. Basta chiedere!»

New Orleans è un posto di persone, non di individui. È un’America socialista, fatta di lavoro e di musica. Temevo, in vero, prima di partire… Temevo di non trovare un ambiente confortevole alle mie esigenze, un po’ più particolari visto alcuni miei evidenti problemi nella deambulazione: erravo. Essere uno studente regolare all’interno di una università americana significa vivere in un contesto completamente inimmaginabile già per una realtà come la mia Cattolica, figuriamoci per la nostra Sicilia! Studiare poi in un contesto internazionale significa inoltre vivere in un clima di cooperazione. Nessuno è a casa propria lì e tutti siamo uguali. Nessuno è «più uguale degli altri…» E questo vale anche per gli autoctoni… Per la popolazione locale, nera in maggior parte. Che con tanta fatica ha dovuto aiutarsi per ricostruire la città dopo il 2005, dopo Katrina…

Cris WilliamsC’è un monumento nel Campus, una specie di enorme medaglione di bronzo credo, dedicate alle vittime dell’uragano. Me l’ha mostrato Cris, il mio amico Cris Williams, durante il mio secondo giorno. L’ho incontrato per strada, gli ho chiesto un’informazione e lui mi ha accompagnato dove dovevo andare. Poi mi ha condotto lì, davanti al monumento. Si è seduto e ha iniziato a raccontare per me, come Enea a Didone, la distruzione della sua città, lui che ha perduto in quell’occasione tutta la sua famiglia.

Inutile parlare del campus. Infatti come la maggior parte delle università americane, è una sorta di mega villaggio turistico, un paradiso per lo studente con verde, scoiattoli, palestre, piscine e tanto di lago… L’università di New Orleans lascia sboccare il suo Campus sul Lakeshore, uno dei maggiori laghi della Louisiana, dove alcuni studenti vanno a pescare a fine lezione… Lezioni che andavano tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle nove alle tre del pomeriggio… Più compiti per casa… Tutti i giorni, più rincaro in vista del week-end. «Please, Robin, not so much!» supplicavo con i miei compagni di corso la nostra insegnante… La quale con spirito pragmatico ci rispondeva: «I’m sorry, guys… It’s an intensive program…» come a dire che lei non poteva farci nulla, eravamo lì da tutto il mondo per studiare!

Taccio però della città in sé, della nostra Down Town… Dico solo che fra marzo e aprile hanno luogo tutti i maggiori festival musicali dell’anno. Dal Mardì Gras al French Quarter Festival, dal Frenchman Festival al Jazz Fest… In effetti il giorno a New Orleans è come la notte. Il jazz è sempre vivo, un jazz fatto di brass, e quindi di ottoni, da ballare, travolgente… Un jazz alla Ella & Louis, ma sempre nuovo e sempre diverso, come solo il jazz sa essere.

E come scordare i compagni di vita, tutti quegli amici sparsi nel mondo ormai, che ti fanno capire che siamo tutti così diversi ma in realtà così uomini e fratelli! Parlo in particolare di amici venezuelani e arabi, sauditi per lo più. Come dimenticare i tre Mohamed, i due Abduallah, Fahad e Ghazi.

Il tornare porta con sé due sensazioni ambivalenti… Da un lato si è ricchi, di una propria ricchezza di studi, di incontri e di esperienze. Dall’altro ora a Milano mi sembra di essere, come direbbe ancora Bufalino, un re in esilio, invecchiato a un tavolo di caffé… In attesa di ripartire.



 

 

 

 

 

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Autore

(Ragusa, 1988). Post-doctoral Fellow della University of Toronto si è laureato in Filologia Moderna all’Università Cattolica di Milano e ha conseguito il dottorato di ricerca all’Università degli Studi di Catania. Collaboratore del Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca della Cattolica di Milano (CRELEB) e, nel 2018, del PRISMES (Langues, Textes, Arts et Cultures du Monde anglophone) dell’Université Sorbonne Nouvelle – Paris 3, si occupa di Libri d’artista e Letteratura Futurista, Disability Studies e Food Studies. Fra le sue pubblicazioni: Dalla parte del lettore: Diceria dell’untore fra esegesi e ebook, Baglieri (Vittoria, 2012); La totalità della parola. Origini e prospettive culturali dell’editoria digitale, Baglieri (Vittoria, 2014); Io siamo già in troppi, libro d’artista di poesie plastiche plastificate galleggianti per il Global Warming, KreativaMente (Ragusa, 2020); Ultima notte in Derbylius, Babbomorto editore (Imola, 2020); All’ombra del vulcano. Il Futurismo in Sicilia e l’Etna di Marinetti, Olschki (Firenze, 2020). Curatore del volume Le Carte e le Pagine. Fonti per lo studio dell’editoria novecentesca, Unicopli (Milano 2017), ha tradotto per il CRELEB le Nuove osservazioni sull’attività scrittoria nel Vicino Oriente antico di Scott B. Noegel (Milano, 2014). Ha pubblicato un racconto dal titolo Odisseo, all’interno della silloge su letteratura e disabilità La mia storia ti appartiene, Edizioni progetto cultura (Roma 2014). Come giornalista pubblicista, ha scritto per il «Corriere canadese» (Toronto), «El boletin. Club giuliano dalmato» (Toronto), «Civiltà delle macchine» (Roma), l’«Intellettuale Dissidente» (Roma), «Torquemada» (Milano), «Emergenze» (Perugia), «Operaincerta» (Modica), e «Insieme» (Ragusa) dal gennaio del 2010.



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