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Pubblicato il 3 Marzo 2016 | di Redazione
0L’importanza del corpo nel Cristianesimo
Il corpo ha una importanza centrale nella vita del cristiano e nella teologia cristiana. Infatti è stato proprio San Paolo a parlare delle tre dimensioni dell’essere umano: corpo, mente e spirito. Per troppi secoli purtroppo è stato visto solo come ostacolo alla ascesi del cristiano, ma negli ultimi tempi si è tornati a parlare con onestà su questo tema.
La centralità del corpo nella teologia cristiana va contro lo gnosticismo, contro un certo platonismo, e in generale contro tutta la cultura occidentale. Infatti il corpo non è un male, perché è stato creato da Dio, ed è quindi un mezzo per elevarsi a Dio. Tuttavia, se per certi aspetti il corpo ha valenze positive, per altri aspetti ha almeno un aspetto negativo (è la parte dell’uomo più soggetta alle tentazioni). Ciò fa del corpo un concetto ambiguo. Secondo Jean-Claude Larchet il corpo ha importanza per tre motivi:
- Presupposti antropologici: l’uomo è stato creato da Dio a immagine e somiglianza, e lo stesso corpo reca la Sua immagine. La persona non è solo anima e spirito, ma è anche corpo.
- Presupposti spirituali: dopo il peccato originale, il corpo è divenuto corruttibile e mortale. Il corpo diviene dunque il luogo delle tentazioni e delle passioni. Quindi, pur essendo creato da Dio, il corpo non è del tutto “buono”, ma bisogna intraprendere una lunga lotta spirituale per trasfigurarlo e custodirlo nell’integrità.
- Presupposti teologici: il Verbo si è fatto uomo-carne, quindi non è divenuto solo anima, ma anche corpo. Con questo disegno divino, il Verbo ha salvato anche il corpo rendendolo divino per grazia ed eternamente partecipe ai beni divini. L’uomo ha per destino la divinità: “Dio si è fatto uomo, affinché l’uomo diventasse Dio” afferma Atanasio. E nella Bibbia si legge: “che cos’è l’essere umano che di lui ti prendi cura? Ma l’hai fatto poco meno di un dio, l’hai coronato di gloria e splendore, l’hai reso sovrano dell’opera delle tue mani, ogni cosa hai sottomesso ai suoi piedi” (Salmo 8, 5-7). Ma qualcuno potrebbe dire: chi è mai l’uomo per farsi Dio? Non è una creatura imperfetta? Enzo Bianchi, distinguendo due modi di concepire il “diventare Dio”, scrive: “Dunque se l’uomo anela a diventare Dio per vocazione, perché risponde alla chiamata amorosa di Dio, allora vive la logica del dono che non altera il rapporto Creatore-creatura; ma se l’uomo vuole diventare Dio seguendo un proprio progetto, se vuole farsi Dio, allora entra nel regime della preda, dell’harpagmόs, del tesoro geloso”